Tutto il peggio che c’è da sapere su Lo Hobbit

In questi giorni ho letto un sacco di recensioni de Lo Hobbit, un viaggio inaspettato. Avendo visto il film e non avendo letto cose che mi hanno davvero soddisfatto in giro per il web, mi sono deciso di scrivere quanto segue. Una cosa a metà tra una recensione e un’accozzaglia di pensieri liberi, ovvero tutto il peggio che dovreste sapere su questo film.

D&D e Midget Porn

Lo Hobbit, un viaggio inaspettato è un film per appassionati di giochi di ruolo e di midget porn. Non riesco ad immaginarmi un pubblico diverso in grado di sopportare tre ore di film con un cast composto per lo più da nani.

Del resto non vedo altri motivi per produrre un lungometraggio con dei nani se non dei porno molto discutibili. E invece no, i precedenti fantasy esistono e li ricordo volentieri, malgrado i nani mi abbiano sempre fatto un certo che.

Poi c’è da superare il prologo ambientale-descrittivo, la presentazione della quest piena di nomi di luoghi ridicoli ma pronunciati con prosopopea ed infine sorvolare il fatto che, malgrado tutto, non si tratta di una nuova campagna di World of Warcraft.

Questo per dire che, pur non essendo un appassionato del genere, né di Renato Brunetta, il film mi è piaciuto. Forse perché me ne avevano parlato così male che alla fine le mie aspettative erano così basse da immaginarmi di andare incontro ad un film con Nicolas Cage. Ma non è stato così.

La trasposizione cinematografica del libro

Non ho letto il libro, perché da che quello so si tratta di qualcosa illeggibile per i miei canoni. Io che non sono nemmeno riuscito a finire Il Signore degli Anelli, un’opera più epica, avvincente e meno fiabesca de Lo Hobbit. Detto questo, molta gente si è indignata per il fatto che è stata ricavata una trilogia da un unico romanzo, oppure si è concentrata sulle inesattezze che intercorrono tra il libro e trasposizione cinematografica, ostentando la solita esasperante filologia da secchioni rompicazzi.

Essendo Lo Hobbit un libro perfetto per una trasposizione Disney, e che sia chiaro che dico questo con un certo disprezzo (le cose da bambini, infantili, buone e canterine mi mandano in bestia), la minaccia consisteva nel sorbirsi tre ore di fiaba di merda, piene di nani goffi, simpatici e carini che si scambiano battute e che si fanno scherzetti. Grazie a Dio questo non si è verificato.

Io sono un tipo dai gusti un po’ diversi e se avessi la possibilità di realizzare kolossal di questo calibro di certo calcherei di più la mano sui combattimenti, le magie, il sangue, la drammaticità e su dialoghi come Dio comanda, a prescindere da un libro per bambini che c’ha 75 anni sul groppone.

Chissà se Anna Frank ha fatto tempo a leggerlo. Non credo.

Siccome non si può avere tutto dalla vita, allora sono pronto ad accettare film come questi che, tutto sommato, possono rappresentare un buon compromesso tra le mie aspettative e quelle del grande pubblico. Che non saranno mai e poi mai in linea con quelle dei talebani tolkeniani che sanno fare i motti da briscola in elfico.

Leggendo i blog dei nerd più hardcore e i commenti dei fan che scopano di meno, ci si accorge di come Peter Jackson abbia fatto più o meno il bello e il cattivo tempo con la trama originale del libro. Errori, reinterpretazioni, anacronismi, inserimenti di cose e personaggi di straforo: delle licenze poetiche che non fanno dormire la notte molti ragazzi pieni di forfora e acne. Ma se da una parte il collage che non ha accontentato nessuno, dall’altra qualcuno ha timidamente apprezzato i rimandi ad altri racconti ed appendici presenti in altri volumi o saggi o che cazzo ne so.

Del resto nel Signore degli Anelli molte cose sono state tagliate o liquidate in due battute. Ne Lo Hobbit avviene il contrario: tutto viene ampliato e descritto con dovizie di particolari, cosa che dovrebbe eccitare i fantasy nerd che invece sono incazzati a bestia, tanto da affermare che il peggio deve ancora arrivare.

Questo per dire che, per come la vedo io, il film è riuscito abbastanza bene anche per il taglia e cuci di Peter Jackson. E fanculo gli integralisti tolkeniani.

Se sono così tanto legati alle sacre scritture quella volta potevano decidere di entrare in seminario anziché iscriversi ad ingegneria.

La Compagnia dell’Anello 2.0

Fresco di visione de Lo Hobbit sono andato a riprendermi il primo film della trilogia: La Compagnia dell’Anello.

I due lungometraggi sono quasi del tutto sovrapponibili: prologo, incipit (qualcuno che va a rompere il cazzo ad un hobbit: parte l’avventura), partenza per l’avventura, prime insidie, pericoli incombenti che si sviluppano lontano dai protagonisti e che fanno presupporre tante cose che potrebbero accadere nei prossimi due film e un finale di merda, brusco e scontato quanto basta per costringerti a tornare al cinema tra un anno, magari in un multisala pieno di gente che si va a vedere il secondo capitolo della trilogia solo perché non ha trovato posto per quello di Pieraccioni.

Questo per dire che i difetti narrativi de Lo Hobbit – lungaggini, divagazioni, intreccio, dialoghi, carellate aeree finanziate dal Ministero del Turismo neozelandese – sono gli stessi del primo film del Signore degli Anelli che però ha avuto un riscontro positivo.

Altro dejà vu: in mezzo al film l’inevitabile tappa dagli elfi. Morale della favola: se non ti metti d’accordo con loro non puoi fare un cazzo o andare da nessuna parte nella Terra di Mezzo. Un po’ come la Massoneria o il beneplacito dei preti.

Gli elfi sono noiosi e i maghi non si lavano

La parte in cui la truppa arriva dagli elfi è il punto più debole del film. L’entrata in scena di Galadriel, è piuttosto kitsch: la dama elfica sembra una specie di Madonna. Madonna intendo quella realmente esistita, cioè quella che è rimasta incinta dello Spirito Santo ed è rimasta vergine anche dopo il parto di uno che poi si è rivelato essere un tizio che fa miracoli. E non sto parlando di un libro di Tolkien.

Gli elfi come al solito sono puliti, fighetti e patinati e malgrado siano seriosi e simpatici come Laura Ravetto hanno il pregio di rimarcare l’unturia di Gandalf, che solo in quel momento si paleserà ai vostri occhi come una sorta di barbone con i poteri magici. Peccato che di magico questo hobo del cazzo non faccia quasi nulla di eclatante per tutta la durata del film.

La reticenza di Gandalf nel far esplodere i nemici con raggi magici o cose del genere è un cruccio che mi porto dietro dalla trilogia del Signore degli Anelli.

Ma se c’è un mago ancora più in sordina di Gandalf e di un Saruman che già si sta paraculando le forze nascenti di Mordor – sì, nel film aleggia una minaccia invisibile che ancora nessuno chiama per nome, quasi si trattasse di un possibile Monti bis – quello è Radagast il Bruno, ovvero uno dei quattro (erano quattro?) stregoni più potenti della Terra di Mezzo, le cui grandi doti, almeno in questo film, sono quelle di salvare la vita ad un istrice infettato da chissà quale sortilegio, guidare una slitta trainata da lepri e di portare con nonchalance una merda di piccione gigante tra i capelli.

Ok, sti cazzo di maghi me li ero immaginati diversi da come sono stati sviluppati. Non so voi, ma credevo che nelle storie fantasy imperasse un concetto un po’ più cazzuto di magia, tipo raggi di energia, cose che esplodono, ma mi rendo conto di far parte di una generazione, a differenza di Tolkien, cresciuta con Dragon Ball. In questo film Gandalf si limita a bisbigliare cose elfiche alle farfalle e a lanciare pigne incendiarie. Tuttavia lo stregone combatte con la spada come se fosse un ninja, cose che però gli abbiamo già visto fare nella precedente trilogia.

Per adesso, a parte certi trucchetti, i maghi continuano ad essere una delusione e si contraddistinguono più per la sporcizia e la sicumera che per altro. Non si lavano ma sembrano sapere un casino di cose sulla Terra di Mezzo. Un po’ come Mauro Corona.

Le somiglianze somatiche

Capitolo somiglianze. C’è un nano che sembra la versione virile di Bersani. Mi dicono essere Dwalin, ma su Wikipedia c’è scritto che dovrebbe avere la barba blu e che suona la viola come una specie di nano punk. Nel film Dwalin non ha nessuna viola e barba blu, ha dei tatuaggi sul cranio ed è quello più tosto e combattivo, cosa che farà comunque piacere ai fan di destra che fanno finta di leggere Tolkien.

Poi ce n’è un altro che assomiglia all’incrocio tra Alice Cooper e Walter Matthau. Cioè Bifur, quello che non parla mai e grugnisce in un’altra lingua, perché conficcata in testa c’ha la lama di un’ascia orca (si dice orca?) che l’ha reso deficiente. Peter Jackson se ne fotte delle quote rosa ma rispetta le normative sulle assunzioni di persone con handicap.

Infine c’è quello grasso con i capelli rossi, Bombur, che pare Gerard Depardieu quando fa Obelix (ma anche quando non lo fa).

Ah e il re dei goblin, il personaggio più FAIL del film, è identico a Giuliano Bignasca, quello brutto forte della Lega dei ticinesi al quale piaceva la cocaina.

Bilbo mi sta sul cazzo

Bilbo non mi ha convinto. All’inizio del film sembra una nonnetta inglese, mentre alla fine combatte contro orchi e lupi mannari come se niente fosse. L’evoluzione del personaggio, che credo fosse uno dei temi centrali del romanzo di Tolkien, viene liquidata in quattro e quatt’otto. E senza nemmeno far comparire sullo schermo la scritta Level Up ad ogni snodo narrativo.

Da questo punto di vista la faccetta d’angelo di Frodo (Elijah Wood), efebo, svenevole e lamentoso, risultava più credibile. Bilbo, interpretato da Martin Freeman, sembra uno stronzetto preso di mira dai bulli o che comunque ispira quel genere di simpatia, tipica di chi reclama pratiche da nonnismo.

Qualcuno l’avrebbero nominato tra i papabili per il prossimo James Bond. A questo punto perché non Mr Bean? Fidatevi degli inglesi: quella è gente che ammazza principesse e che adora il culo di Pippa Middleton.

Gollum non è ancora al top della propria tossicodipendenza

Gollum è il miglior interprete del film e questo la dice lunga essendo lui una sorta di non attore (creato dalle movenze di Andy Serkins e dai miracoli della computer grafica). Gollum risulta un po’ meno inselvatichito e malvagio. I suoi occhi sono ancora blu e l’effetto dell’Anello non l’ha ancora reso un eroinomane.

La scena di Bilbo vs. Gollum a colpi di indovinelli è piaciuta a molte persone e serve a dare più spessore alla vicenda dell’Anello per ovvie ragioni narrative.

Tuttavia, sarà un mio difetto, ve lo concedo, ma ogni volta che vedo Gollum e i vari personaggi della trilogia toccare e bramare l’Anello non posso fare a meno di pensare che Gollum, essendo vestito di un solo perizoma senza tasche, probabilmente l’ha nascosto per secoli nel suo buco del culo.

La geopolitica della Terra di Mezzo

Se Il Signore degli Anelli, scritto tra il ’37 e il ‘49, poteva sembrare una metafora della Seconda Guerra Mondiale – i buoni che danno un calcio in culo al nazifascismo – Lo Hobbit, pubblicato nel ‘37, rappresenterebbe l’Europa post Grande Guerra, che si rialza grazie all’eroismo degli individui umili e semplici.

Stronzate.

Durante le feste non sono mancate le occasioni per distruggerci con gli amici. Tra i vari trip le considerazioni politiche sul film appena visto al cinema: i nani sono gli ebrei del ’48 in cerca della propria patria che devono riconquistare.

Gli elfi e il Bianco Consiglio sono una sorta di Super Nato, Saruman interpreta l’Europa della Guerra Fredda, un po’ di qua e un po’ di là, e Gandalf un agente degli U.S.A, manipolatore e anticomunista. Sa che ad est Sauron sta per rinascere (i rossi?) e che il drago Smaug (gli islamici?), che si è preso la montagna dei Nani, è anch’esso un’emanazione del male.

Se il drago si allea con il signore di Mordor sono cazzi un po’ per tutti. Quindi occorre appoggiare i Nani che vogliono riprendersi la loro Terra Promessa in modo da dividere Smaug e Sauron creando un regno alleato lì nel nord, per tenere a bada le forze del male.

Invito qualche complottista a rintracciare i finanziatori israelo-massoni che si celano dietro alla produzione del film.

Altre cose che dovreste sapere a proposito de Lo Hobbit

Cioè una lista di 10 aneddoti per potervela tirare con i vostri amici scout.

  1. I nani non danno solo l’impressione di puzzare, perché probabilmente puzzano per davvero: le loro barbe/parrucche sono state fatte con peli animali, soprattutto di yak.
  2. A quanto pare Peter Jackson è apparso all’inizio del film nei panni di un nano, durante la scena dell’attacco del drago Smaug.
  3. Nella truppa di nani c’è anche il padre di Gimli, il nano della Compagnia dell’Anello, ovvero Gloin, fratello di Óin, figlio di Gróin, nipote di Borin, figlio di Re Náin II, discendente di Durin. Esticazzi.
  4. Nel film compare anche Balin, il nano sopravvissuto all’attacco del drago Smaug e che nel Signore degli Anelli lo si ritrova assieme ad un casino di scheletri e cadaveri avvizziti di nani nelle miniere sotto la montagna vattelapesca, dentro ad un sarcofago. Vale a dire “chi muore si rivede”.
  5. Richard Armitage, nei panni di Thorin Scudodiquercia, è l’unico del cast ad avere una barba naturale, malgrado sembri uno dei nani più gay della compagnia.
  6. A proposito, c’è un nano che sembra davvero gay, cioè Dori. Mi chiedo se sia stata una decisione del doppiaggio italiano renderlo così checca o se nella storia serviva davvero un nano da trastullo della truppa.
  7. Christopher Lee, anche questa volta nei panni di Saruman, è una specie di mummia di 90 anni. Quindi gli hanno lasciato girare le scene vicino a Londra per risparmiargli il viaggio di 24 ore per la Nuova Zelanda. Poi l’hanno aggiunto con Photoshop.
  8. La questione del trattamento digitale per rendere credibile l’altezza dei nani è una cosa per geek e lettori di Wired o Focus. La nuova tecnologia impiegata si chiama Slave Motion Capture. Per rendere la corporatura dei nani più tozza e tarchiata – in rapporto di 5:1 tra testa e corpo contro l’8:1 di un umano – sono state impiegate delle tutone in latex in modo da imbottire i costumi di scena. Per non far sudare troppo i nani che già puzzavano di suo per via delle barbe di pelo di yak, hanno dotato gli attori di maglie refrigeranti come quelle indossate dai piloti di Formula 1.
  9. Ne La compagnia dell’Anello c’è una scena dove gli hobbit e Aragorn bivaccano nel punto in cui si trovano i tre troll pietrificati ne Lo Hobbit, un viaggio inaspettato. Ma ci sono molti altri riferimenti e rimandi tra i due lungometraggi, che si colgono soprattutto nei dialoghi.
  10. A causa di non so quale requisito tecnico legato alla nuova tecnologia 3D dei 48 fotogrammi al secondo, la carnagione degli interpreti veniva tinta fisicamente di arancione in modo da favorire la resa finale sullo schermo. Nel backstage gli attori sembravano tutti quanti parenti di Carlo Conti.

Lo Hobbit russo

Forse non lo sapevate, ma i russi avevano già girato una loro versione de Lo Hobbit. Ecco l’emozionante trailer.

Come al solito i sovietici fanno le cose prima degli americani, ma le fanno di merda.

Leonard Nimoy, invece, è un ebreo ucraino.

L’erba pipa

Negli anni ’60, quando i fan di Tolkien erano degli hippie non ancora neofascisti, degli esperti hanno fatto notare che gli effetti della famosa erba pipa assomigliavano a quelli della cannabis.

Fermo restando che Tolkien non si faceva le canne e che nei suoi libri la voce narrante parla spesso di “tabacco del Decumano Sud”, riferendosi proprio all’erba pipa, non possiamo fare a meno di contemplare l’interpretazione che Peter Jackson dà nei suoi film di questa foglia particolarmente apprezzata nella Terra di Mezzo da un sacco di personaggi un po’ freak.

Ne Lo Hobbit il mago “Ganjalf” fa fumare ad un Radagast piuttosto irrequieto la sua pipa: «Toh qua, fuma e rilassati». Radagast aspira una densa boccata, espelle, sospira di piacere esibendo una faccia da fattone nella più classica delle gag da commedia liceale americana.

Più avanti Saruman dirà che Radagast è un tipo strano, con il cervello andato a puttane per via dei funghetti allucinogeni. Sono in molti a chiedersi quali fossero le abitudini di Peter Jackson alla fine degli anni ’70.

Saruman, come un conservatore americano, rimprovera spesso Gandalf di fumare quell’erba «che toglie le ombre dalla mente», salvo poi trafficarla a grandi dosi con la Contea (ecco spiegato il grande appetito degli hobbit). Quando la torre di Isengard venne distrutta, trovarono molti quantitativi di quest’erba nelle cantine di Saruman.

Morale della favola: Saruman è chiaramente un ipocrita stronzo proibizionista, Gandalf un fricchettone, Radagast uno che ci è rimasto sotto.

Infine Gandalf sembra essere l’unico a non subire gli effetti riguardanti l’appetito che causa l’erba pipa: un punto in comune con Marco Pannella, l’unica persona che conosco che quando fuma anziché andare in chimica va in sciopero della fame.

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