Una testimonianza da Ankara sulle proteste in Turchia

Daniel Letter - Redux

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E’ ormai una settimana che la Turchia è in rivolta e il paese è passato sotto l’attenzione dei media internazionali. Sarò breve, questa non è una rivolta per il parco, non è il risveglio del sentimento ambientalista del popolo turco come i media italiani e Erri De Luca la stanno presentando. Non è nemmeno una protesta per difendere il diritto di bere birra liberamente in strada, come la presenta Repubblica. Il parco è la goccia che ha fatto traboccare il vaso, dopo tanti divieti e imposizioni da parte del governo dell’AKP di Erdoğan e credetemi, anche se dall’inizio delle proteste ho avuto il sentore di un prevedibile evolversi della situazione in tal senso ciò che vorrei sottolineare è che al di là delle violenze che accadono in molte città della Turchia l’aspetto predominante della rivolta è la sua UMANITA’. Non è quindi sull’aspetto politico che vorrei soffermarmi (è ovvio, la rivolta non si arresterà fino a quando il governo non darà le dimissioni) ma sul senso di unità che lega in questo momento storico il popolo turco.

Ci sono stati scontri, è ovvio, perché al terrore della polizia (che purtroppo esegue ordini dati dall’alto) si risponde con il terrore.  Il weekend è stato pesante e intenso. Il ritorno alla routine lavorativa ha fatto intravedere un ritorno alla normalità, anche se di notte vige la legge del terrore. I manifestanti cercano in tutti i modi di scappare dalla polizia, chi rifugiandosi all’interno del centro commerciale (da notare il paradosso, tutto è partito per impedire che un centro commerciale spodestasse un parco e alla fine è esso stesso che offre rifugio ai suoi antagonisti) chi nei locali, chi nei giardini delle palazzine. Io stessa mi sono trovata impossibilitata a tornare a casa e ho dovuto cercare rifugio assieme ad altri ragazzi in un locale di amici, a luci spente per evitare che la polizia entrasse a perquisirci.

Nonostante la sera sia scattato il coprifuoco, a Bülbülderesi, a circa un kilometro da Tunalı e Kızılay, zone calde della protesta la gente si riunisce in manifestazioni spontanea e pacifiche armata di pentole e forchette. Chi non può scendere in strada manifesta il suo disappunto dai balconi.

In strada ci sono dottori pronti ad aiutare i manifestanti, utilitarie disponibili ad accompagnare i feriti in ospedale, Starbucks, nota catena alimentare, la domenica pomeriggio pur essendo chiuso ha aperto le porte ai manifestanti. A Kuğulu Park, Tunalı, dove il vento delle proteste ankaretane ha iniziato a soffiare, è stata allestita una biblioteca comunale aperta alla cittadinanza. Yemeksepeti.com, primo sito di ordinazioni di cibo d’asporto del paese ha avuto un sacco di donazioni anonime da spedire ai manifestanti di Taksim. I manifestanti ripuliscono da soli le strade da loro stessi sporcate durante le lotte e a Kuğulu Park  si è dato inizio alla raccolta differenziata. L’Ankara Barosu, Ordine degli Avvocati di Ankara, ha messo a disposizione i suoi avvocati in difesa degli arrestati.

Tasto dolente sono i media del paese che per evitare il diffondersi delle proteste tace sull’accaduto. Durante i primi giorni della protesta la CNN turca mandava in onda esclusivamente documentari sui pinguini e le altre reti avevano in programmazione telefilm e partite di tennis. Solo ULUSAL, rete del partito dei lavoratori affronta la questione e da quando il vice primo ministro del paese, Bulent Arinç, in risposta alle pressioni internazionali, si è scusato per l’operato della polizia, anche la TRT (radio televisione turca) ha iniziato a dare una visione, seppur  edulcorata, della situazione.

Al momento il mezzo migliore d’informazione restano i social network anche se è allarmante la notizia di ieri di alcuni studenti erasmus presenti a Istanbul accusati di essere spie internazionali e espulsi dal paese. A Izmir invece, la polizia ha sollecitato alcuni studenti erasmus a non partecipare alle manifestazioni, pena il ritiro del permesso di soggiorno.

La settimana più lunga dell’anno si conclude così, con gli elicotteri che sorvolano incessantemente la città e il ritorno del primo ministro in Turchia.
“Al mio ritorno la situazione sarà tornata alla normalità”, aveva annunciato il primo ministro. Mi dispiace Erdoğan, ci avevi visto male.

Intanto mentre nuovi scontri hanno infuocato la città per domani è previsto l’ordine di sgombero delle piazze di Istanbul e Ankara e la capitale si appresta ad “accogliere” la manifestazione dei sostenitori del primo ministro.

Ankara, 09/06/2013

a cura di Marinì S. Fernando

 

 

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