Unhappy – Idiot Lane

Tornare verso i Novanta in un’epoca dedita al cantautorato e all’elettronica è un po’ la direzione ostinata e contraria del momento. Tornare al rumore dei Pavement, con quel modo scanzonato di cantare, ricalcare echi dei Sonic Youth, e l’epoca delle produzioni graffianti e lo-fi, non è proprio assecondare il trend di quest’epoca. Ma è una benedizione per le nostre orecchie. Decima uscita dell’etichetta Flying Kids Records, Idiot Lane degli Unhappy è disponibile anche in 150 copie in vinile: ed è subito chiaro il perché di questa scelta.

Melodicamente ricco di riferimenti, questo lavoro degli Unhappy colpisce perché ci riporta ai suoni perduti che ci piacevano tanto: ci sono i richiami melodici e le tanto care sconnessioni delle canzoni dei ’70, la celebrazione dell’attitudine anni ’90, e l’indie-rock più puro dell’ultimo decennio. Ethics riesce ad essere un violento mash up di suoni, scomponendosi in strumenti diversissimi, tra fiati, chitarre indie rock e richiami addirittura da altra dimensione lennoniana. In pezzi come The Clever Square si celebra il noise, le chitarre distorte, le urla alla Cobain, una certa attitudine che è bello risentire di tanto in tanto. Il tempo c’è anche per l’intimismo di In the Sink, che chiude questo lavoro della band napoletana.

La storia degli Unhappy inizia nel 1991: Diego Armando Maradona lascia il Napoli e l’Italia e, nel mondo, esce Nevermind dei Nirvana”, loro si presentano così, evocando quel ’91 straordinario e rivoluzionario che da Napoli raggiunge Seattle e lo collega come in un tunnel sotterraneo che attraversa il globo a colpi di chitarre. Tutto è chiaro sin dall’inizio del disco, che parte forte con Die Fast: ci mancavano quei suoni, e quella scanzonatezza ribelle che ci riporta tra il 1991 e il 2014, in qualche parte del mondo a metà tra Napoli e la California dei Pavement. ”Too young to die fast” ripete un ritornello sfrontato, e quanto vien voglia di rompere tutto a sentirlo schizzare via come un vecchio buzz dentro le orecchie. E se la chitarra di Die Fast è distorta, il pezzo successivo, Idiot, si apre più soffice, ma poi riporta alla mente quel certo ritorno alla terra brada dei Sonic Youth.

Questa è l’Italia sotterranea che sta per venire fuori. Se continuano in questa direzione staremo al varco ad attendere gli Ought italiani del Ventunesimo. Lo trovate in ascolto qui sotto via Bandcamp.

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