Wild Nothing – Empty Estate

Tra gli ascolti migliori del mese c’è Empty Estate, ultimo Ep targato Wild Nothing, che esce a distanza di neanche un anno da Nocturne, album della consacrazione sulle scene globali. Jack Tatum, talentuosa mente creatrice del progetto, nelle sette tracce che danno forma al disco, cattura non solo istantanee emozionali, ma dà vita proprio a quelle suggestioni della mente che tendono a dissolversi ancor prima di nascere. State per entrare in un mondo rarefatto, ma di una bellezza incandescente, quindi allacciate le cinture di sicurezza, spazzate via ogni pensiero dalla testa e chiudete gli occhi.

Le sonorità si sono fatte più dreamy di quanto fossero in Gemini e Nocturne, ma anche più psichedeliche, diventando pura astrazione. Immaginate di aver appena preso sonno dopo ore passate a rigirarvi tra le lenzuola e di trovarvi nel tunnel che conduce alla quiete del riposo: all’improvviso nel bel mezzo della vostra tanto agognata dormita si leva una folata di vento a cui seguono raffiche sempre più forti, scandite da un ritmo vibrante, senza sosta. Aprite una porta, passando dalla stanza del dormiveglia a quella del torpore più profondo e scivolate giù in un piccolo passaggio che vi porta su una scogliera a strapiombo sul mare. Lo scenario incantevole che avete davanti è quello di una baia immersa nelle tenebre di una notte primaverile, spezzato solo dalla melodia di un’orchestrina in lontananza.

Non è una fiera di paese, né un festival di musica elettronica, sono gli Wild Nothing che hanno appena attaccato con The Body in Rainfall, brano dalla ripetitività seducente e dai riflessi sintetici in cui riecheggiano gli influssi dei primi anni Ottanta e delle ritmiche appartenute ai Talking Heads, venerati da Jack Tatum. Con un’efficacia incisiva passano in velocità a Ocean Repeating (Big-Eyed Girl), che analogamente alla precedente riprende una tradizione che sembra non essere mai stata abbandonata e che qui più che mai viene attentamente mescolata ai detriti di un passato non troppo remoto. Scuotete a destra e a sinistra le vostre membra, non preoccupatevi di essere per forza coordinati nei movimenti, ascoltate ogni singolo respiro, ogni riverbero del suono. Se Gemini vi ha fatto sognare di essere con Tatum e soci sulle strade a ridosso dei Monti Appalachi, non è ora di smettere di fantasticare perché è con On Guyot, traccia dai vagheggiamenti fatti di keyboards e synth, che potrete dirigervi su un pianeta lontano anni luce dalla nostra galassia.

Il viaggio procede senza intoppi fino a che le chitarre iniziali di Ride non intralciano il vostro cammino, rallentando un motore ormai stanco di girare: è arrivato il momento di oliare gli ingranaggi, fare il pieno e ripartire con la presa catchy di Data World. Tra tutte le canzoni che vi hanno cullato e raddolcito il risveglio vi chiedo di prestare particolare attenzione a quella che potrete udire appena Kevin Knight comincerà a regolare l’arpeggiatore; si tratta di Dancing Shell, la vera sorpresa di questo Ep che pare un Lp a tutti gli effetti. Trovarsi sulle frequenze di questo brano vuol dire rimanere intrappolati in un déjà vu, da un lato gli Horrors con Primary Colours e Skying con il loro turbolento psych-rock e dall’altra l’ipnotico potere di Psychic Chams dei Neon Indian. La commistione già ricca viene ulteriormente ampliata grazie a venature funky che ammorbidiscono una struttura in apparenza coriacea nella quale si insinua Hachiko, pillola ambient.

Empty Estate è uno di quei dischi che è un piacere consumare, se fossimo ancora nel 1997 vi direi di comprare una scorta di batterie per ricaricare il walkman e di non dimenticare di portare con voi una matita nel caso il nastro della compact cassette si attorcigli, ma forse non sapete neppure di cosa io stia parlando. E allora accendete Spotify, badate al contatore di iTunes, fate come vi pare, ma regalatevi un momento di evasione, siate ancora capaci di ascoltare fino allo sfinimento un disco in macchina con i finestrini abbassati e smettetela di rimbalzare da una stazione all’altra della radio.

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