Willy Mason – Carry On

Voto: 8,5/10

Non gli importa da dove viene / Sa solo che ha avuto modo di inseguire / La più brillante speranza nel suo occhio / Ora sta precipitando a terra / Le sue ali sono bruciate, sta cadendo / Ho solo guardato, e mi sono chiesto come facciamo ad andare avanti
– Willy Mason, Carry On

William James è stato uno dei padri fondatori della psicologia, scrutatore dell’animo umano, prima medico, poi filosofo, iniziatore di quel che verrà definito con timore e referenza “empirismo radicale”; Henry James invece fu romanziere, di quelli provocatori, di quelli che coltivano un certo amore/odio verso Shakespeare, uno dei padri del romanzo moderno che indagava sui temi della coscienza morale e della scelta degli individui di fronte ai cambiamenti casuali degli eventi (un esempio su tutti “The Portrait of a Lady” indaga cosa può accadere quando una giovane donna idealista diventa ricca da un giorno all’altro). Che diavolo c’entra, direte. Niente, se non fosse che Willy Mason, oltre ad avere padre e madre folk-writers, è loro diretto discendente e in qualche modo questo “Carry On” è una saporita spremuta di geni.

Siamo di fronte al terzo album del cantautore statunitense, quello della “maturità” si è soliti dire, ma credo che stavolta questa parola non abbia alcun senso. Il primo LP, Where The Humans Eat (2005), è stato tra i più applauditi del suo genere, riscuotendo un successo insperato considerato che si trattava di un debutto: Willy aveva solo vent’anni ma la voce era già abbastanza profonda per distaccarsi dal falsetto che sta “intaccando” il genere. Con il secondo, appena due anni dopo, si sono definitivamente consacrate tematiche e stile, riprendendo molto di ciò che era stato già fatto nel primo disco.

Ora però le cose cambiano, la produzione è più imponente e con essa i suoni divengono più definiti, più precisi e soprattutto meno blasonati, più intensi, meno orecchiabili a corredo di testi che narrano storie e raccontano vite in maniera tutt’altro che superficiale. Dal punto di vista squisitamente musicale possiamo ritrovare momenti pop che vanno via leggeri come Pickup Truck (una Out On The Weekend di Young con la tematica rovesciata e con un giro di chiattarra più ritmato) e Talk Me Down, oppure pezzi addirittura ballabili come I Got Gold. Ma a prevalere sono le melodie più introspettive, più cupe forse come quelle di Restlesse Fugitive o Shadows In The Dark o ancora, forse la più ispirata di tutte con i suoi cori ectoplasmici in sottofondo, Painted Glass.

Il testo di Restless Fugitive è tra i più introspettivi dell’album, una lirica trasognata in rima baciata, fatta di visioni e confessioni di natura psicologica e nostalgica [Or: «And how I felt the shackles round me / When I left this world behind me / I thought that heaven there would find me / But heaven’s in the town that born me» It: «E come le sentivo le catene intorno a me / Quando ho lasciato questo mondo alle spalle / Ho pensato che il cielo sarebbe riuscito a trovarmi / Ma il cielo è (solo) nella città che mi ha dato alla luce»]. Quello di Carry On, la title-track, propone invece una lucida metafora sulla gioventù bruciata, la quale identificandosi con una falena può tranquillamente continuare ad andare avanti se troverà il coraggio di puntare alla luna.

Queste suggestioni sono spiazzanti, lasciano riflettere con una certa seriosità su un percorso giovanile più americano che italiano ma nel quale possiamo in ogni caso ritrovarci e immedesimarci; il tutto viene proposto con sonate acustiche e qualche sparuto beat-stomp che ci lasciano immersi in un clima intimito raggelante, che obbliga l’ascolatore a sedersi e ad affondare il viso tra le braccia conserte per ascoltare, per lasciarsi abbandonare ad un po’ di commozione gettando con leggerezza il cinismo nel fuoco.

Tracklist:

  1. What Is This
  2. Pickup Truck
  3. Talk Me Down
  4. Restless Fugitive
  5. Show Me The Way To Go Home
  6. Into Tomorrow
  7. I Got Gold
  8. Painted Glass
  9. Shadows In The Dark
  10. Carry On
  11. If It’s The End
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