Sugli hipster, il Primavera Sound, e Vice Mag

A forza di sentirmi nominare Vice da Alberto Bullado, è andata a finire che ho pensato: ”non mi sento abbastanza aggiornata per dire con coscienza che Vice è una merda e quindi tanto vale iniziare prima ad approfondire la questione e leggerlo di tanto in tanto, così per capire se mi sbaglio, se sia stata un’impressione affrettata come le antipatie a pelle oppure no” – è tutta colpa della mia lotta al pregiudizio. Per questo mi sono imbattuta nel pezzo L‘orgoglio hipster del Primavera Sound: o anche, una serie di analisi approfondite del video di presentazione del cast del festival di Barcellona tutto costruito per dire che chi va al Primavera Sound è un hipster. E questo dopo che l’autore, per la metà del pezzo, si era sprecato a ribadire che non gli era mica chiaro cosa diavolo fosse un hipster: però aveva colto la sacra verità che 140.000 persone lo fossero. E’ probabile che la migliore scoperta del lungo pezzo acchiappa-visite smart (il titolo è un maximo per il paraculismo rampante) sia stata quella di un particolare che avevo perso qualche sera fa guardando il Gala della presentazione, che a un certo momento improvvisava una sit-com sugli hipster (doveva essere il momento in cui mi è scappata la pipì): il rogo di Vice come rito purificatorio. Cioè, neanche gli hipster sono rimasti seriamente a leggerlo pare, oppure lo fanno per moda: prima lo seguiamo, poi lo bruciamo – perchè si porta rinnegare il maestro. Fa tendenza come lasciare il molare cariato e indossare occhiali vintage.

Il fatto però è che lui parla di una sottocultura, e di una sottocultura così coesa (organizzata!) che finisce per riunirsi ogni anno a Maggio a Barcellona per bruciare Vice o chessò io, strombazzare sulle piste ciclabili, e via dicendo: insomma parla di 140.000 hipster dal mondo che usano il Primavera Sound come luogo di ritrovo. Poi dici che Vice non parla per sentito dire, per acchiappare le critiche sotto alle cazzate che scrive, e per tentare tutta la serie di analisi antropologiche sull’uomo medio con gli occhiali-stereotipi fissi e fieri sul naso (un naso all’in su, bada bene). Anzitutto bisognerebbe comprendere come faccia una sottocultura intera a darsi un appuntamento fisso. E con questo non si sta escludendo che al Festival non abbondino hipster che non sanno neanche chi siano gli Animal Collective (macchedico! Nick Cave & The Bad Seeds!), ma tanto c’è il palco Pitchfork che è una garanzia e alla fine se mi metto lì sotto devo trovarlo per forza piacevole altrimenti non sono abbastanza ganzo. Vieni a me Kurt Vile! Ovvero: l’hipster al Primavera è come Vice che tenta l’analisi di certi Festival di musica. Non ne sa un cazzo fondamentalmente, ma vuole parlarne lo stesso perchè fa tendenza. L’ha capito perchè è paraculo per antonomasia, ma deve ricamarci sopra una lunga dissertazione di genere che non porta a niente, se non ad acchiappare visite. Immagino a tempi brevi di trovare su Vice i seguenti pezzi d’intrattenimento: a) Perchè Fiona Apple fa titoli così lunghi per i suoi album: deve essere la nuova sottocultura di postmoderni logorroici?; b) Perchè Pitchfork ha dato 8.1 ai Local Natives: ovvero, giustamente noi il disco non l’abbiamo sentito, ma che cazzo si meritava davvero 8.1?; c) Perchè i Tame Impala, che sono un’accozzaglia di vecchi sound del passato, vanno al Primavera Sound?ma allora è vero che è un festival per hipster nostalgici che coltivano l’hobby del vintage? – e dunque, d) I Tame Impala sono il gruppo preferito dagli hipster?

Devo fare una premessa: e so bene che le premesse non vanno alla fine, ma tant’è. L’hipster usa gli oggetti, li sfrutta, per sembrare hipster; usa la musica, la sfrutta, per sembrare hipster (e la condivide); usa i giornali, li sfrutta, per garantire il suo diritto quotidiano all’essere hipster. Io che sono della vecchia scuola del non usare le cose, ma ricavarne semplicemente inutili piaceri, sto sbagliando tutto.

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