Nothing, il nuovo album dei Darkside, va in una direzione sovversiva al nostro tempo perché il niente è sovversivo. Il progetto Darkside è sempre stato una questione di combinazioni. Il gruppo nasce negli anni Dieci dall’incontro tra due musicisti multipli, Nicolas Jaar e Dave Harrington. Di recente ai Darkside si è aggiunto il batterista Tlacael Esparza – un ingresso che ha avuto un forte impatto sul progetto.
In tour con i Darkside Esparza ha portato la tecnologia Sensory Percussion, che consente ai batteristi di entrare nel mondo sintetico digitale con nuove possibilità creative e sonore. Si è avviato uno scambio: concerti, registrazioni, ritrovi in studio a suonare. Una nuova avventura che ha preso forma e sostanza in un disco.
Il nuovo album nasce da sessioni improvvisate dette Nothing Jam, declinate in un senso musicale, spirituale, politico. Nothing come spazio di meditazione e zen, silenzio che culla le giornate. Nothing come l’inazione del mondo in Palestina o in Sudan. Dave Harrington è la parte meditativa, Nicolas Jaar l’anima barricadera dei Darkside. Per tanto tempo i due si sono perduti, ritrovarsi vuol dire indagare direzioni insieme.
Nothing è un grido elettrificato che si spande nel nulla cosmico: si compone di ritmi, suoni, tracce, suite dall’inferno. I Darkside hanno da sempre una capacità di mescolare ascendenze e contemporaneità: Psychic, il disco di esordio, riusciva a fondere elettronica, rock, synth e chitarra. In Nothing l’improvvisazione e la ricerca avanguardista sono il cuore del disco, non mancano però i momenti per le citazioni. In Are You Tired? (Keep On Singing) un’incursione di chitarra alla Grateful Dead riporta indietro nel tempo – ed è un dolce immediato andare.
Può la musica elettronica essere politica? Si può animare una forma di protesta con l’elettronica? – sono domande che ossessionano Jaar dai tempi di Sirens. La sua ricerca musicale va anche in questa direzione, e la recente opera sonora Piedras 1 & 2 è un epico viaggio di denuncia alla dittatura di Pinochet. In Nothing la protesta scorre sottotraccia.
American Reference canta in lingua spagnola, e non è un caso che Jaar faccia ritorno alla lingua paterna cilena per questo pezzo. Nella prima delle due suite dall’inferno Jaar canta come un crooner, il testo capovolge Lennon con disperato realismo – imagine all the people living in hell – ma non rinuncia al messaggio di speranza – it’s no too late to stop. Le due suite infernali strillano, infestano, distorcono.
Il grido “there’s nothing on my mind” che si ripete in S.N.C. fa il controcanto a un presente di detti e contraddetti. È qui che sentiamo le meditazioni più pure di Harrington. Le parole sono continuazioni di pulsazioni elettriche, scariche di rumori. Siamo catturati. Graucha Marx è densa, sfatta, festa mobile di percussioni. Il pezzo conclusivo, strumentale, apocalittico, ha un titolo solare: Sin El Sol No Hay Nada.
Per i Darkside un disco è una versione addomesticata di una natura improvvisatrice, ma il viaggio d’ascolto vale la pena. In un certo senso si riemerge purificati.