Michael McClure e la rinascita culturale di San Francisco

C’era anche Michael McClure tra le migliori menti di quella generazione a cui allude Allen Ginsberg nell’attacco più celebre della poesia moderna: anche se non ha mai raggiunto lo status leggendario del collega, con la sua produzione letteraria McClure esercitò un ruolo fondamentale nella rinascita poetica della West Coast e nel successivo sviluppo della controcultura californiana. Trasferitosi dal Kansas a San Francisco nel 1954 per studiare arte e incorporare le idee dell’Espressionismo astratto in poesia, McClure si trovò presto coinvolto nella scena letteraria di North Beach, che aveva il suo fulcro nella libreria City Lights di Lawrence Ferlinghetti. “Il mondo in cui ci affacciavamo tremanti, in quella decade, era amaro e grigio. San Francisco era però un posto molto speciale” scriverà più tardi McClure in “Scratching the Beat Surface”. Un certo tipo di letteratura, che prendeva le distanze dalle convenzioni accademiche, aveva trovato il suo centro ideale nella città californiana fin dal primo dopoguerra, con scrittori come Henry Miller, Anaïs Nin, Kenneth Rexroth e Robert Duncan che aprirono la strada ai futuri autori della San Francisco Renaissance.

La data a cui è generalmente associata la nascita del movimento è il reading Six Poets at the Six Gallery dell’ottobre 1955, quando Ginsberg declamò Howl tra i Go, Go di Jack Kerouac e l’estasi dei presenti: prima di allora la poesia non era mai stata così libera e diretta, scandita da un ritmo privo di schemi e imprevedibile. Le performance di Ginsberg, McClure, Philip Lamantia, Philip Whalen e Gary Snyder, generarono un’importante presa di coscienza nel pubblico, che riconobbe il talento di una nuova generazione di poeti. McClure: “Nessuno di noi voleva far ritorno al grigio, freddo, silenzio militaristico, al vuoto intellettuale – alla terra priva di poesia – al grigiore spirituale. Ricercavamo una nuova voce e visione”.

Il reading della Six Gallery segnò il momento in cui, grazie all’unione tra gli autori della East Coast e quelli californiani, l’avanguardia letteraria che era stata fino ad allora circoscritta a New York e San Francisco conobbe risonanza nazionale. In pochi anni quel gruppo di poeti e scrittori cambierà per sempre la storia della parola scritta in America. Era nata, ufficialmente, la Beat Generation.

Tra le poesie recitate da McClure quella sera c’era For The Death of 100 Whales composta in seguito alla lettura di un articolo del Time Magazine che raccontava la brutale uccisione di un gruppo di orche. Inorridito, McClure reagì con parole rabbiose, sentenziando come quel tipo di massacro avrebbe potuto far parte della serie sugli orrori della guerra di Goya. Il poema sottolineava l’interesse per l’ambiente e per il mondo animale che porterà allo sviluppo di uno degli aspetti fondamentali della poetica di McClure, il linguaggio bestia: essendo l’uomo come gli animali, per comunicare, deve far uso di un linguaggio più fluido ed immediato rispetto a quello convenzionale.

Le sperimentazioni con il linguaggio bestia ebbero inizio nel 1960 nella commedia La festa, continuarono ne I mammiferi e nelle poesie de I tantra del fantasma dove, nella copertina, McClure appare con il volto truccato da leone. Nel maggio del 1965, quando la polizia censurò un suo reading a causa di quell’immagine, McClure decise di portare il linguaggio bestia alla sua massima espressione, facendosi filmare mentre leggeva davanti ai leoni del giardino zoologico di San Francisco. Il risultato è ancora oggi di forte impatto: la performance è talmente intensa da suggerire un dialogo tra il poeta e gli animali. “Michael disse che i leoni lo capirono benissimo e gli risposero a tono” commentava Fernanda Pivano.

Oltre a trovare ispirazione nel mondo animale, la poesia di McClure aveva radice nel misticismo orientale, nella spiritualità indiana e nell’esplorazione sessuale, come dimostrano le due odi all’amore sensuale che appaiono nel volume Dark Brown. In linea con il pensiero Beat, McClure componeva seguendo il ritmo veloce e spontaneo del Be-Bop; nel suo Peyote Poem (1958) si interessò alla sperimentazione psichedelica come mezzo di liberazione fisica, prima che questa diventasse motivo ricorrente della cultura hippie. Il poema presenta una serie di visioni generate dall’uso della sostanza allucinogena; tramite questi viaggi sensoriali, McClure arriva a distinguere ogni parte del corpo nella sua unicità, raggiungendo uno stato senza tempo e, citando le sue parole, di super-conoscenza.

Con la conclusione degli anni ’50, l’America andò incontro a uno sconvolgimento a livello sociale che, in seguito, ebbe risonanza in tutto il mondo: i giovani si ribellarono a un sistema dettato dal consumismo, rifiutandone le ideologie e scegliendo uno stile di vita che aboliva l’odio, la lotta di classe, le guerre e il potere, in una visione utopistica di matrice Beat. E così, tanti ragazzi che avevano letto Sulla strada facendone il loro mantra, giunsero a San Francisco alla ricerca di quella libertà che non avevano trovato altrove; il quartiere di Haight & Ashbury divenne il cuore pulsante di questa rivoluzione culturale.

Poco prima di quel periodo, Michael McClure aveva catturato l’attenzione della comunità di San Francisco con La Barba, un’opera teatrale che metteva in scena l’incontro tra due figure ricalcanti l’idea di mito americano, il cowboy Billy the Kid e la diva anni ’30 Jean Harlow. La storia all’origine del poster de La Barba è degna di citazione: nessuno voleva rappresentare una commedia dagli espliciti riferimenti sessuali, così McClure ideò un manifesto fingendo che l’opera fosse già in scena in un teatro di San Francisco. Lo stile del volantino ricalcava quello degli incontri di pugilato, con le foto dei due protagonisti ai lati e il titolo riportato in linguaggio bestia. Nel novembre del 1965, l’Actor’s Workshop mise finalmente in scena La Barba incontrando il favore dei recensori, che giudicarono il lavoro di McClure come il più stimolante rappresentato dal gruppo. Alcune scene de La barba compaiono anche nel film Lions, Love (… and Lies) di Agnès Varda.

Come in quel leggendario 1955, anche nella decade successiva McClure fu coinvolto in un evento che fece conoscere la scena underground di San Francisco nel mondo: lo Human Be-In del 14 gennaio 1967. Noto anche come l’incontro delle tribù, allo Human Be-In presero parte, oltre a McClure, Lawrence Ferlinghetti, Allen Ginsberg, Gary Snyder e il guru dell’LSD Timothy Leary. Gruppi che si esibivano con regolarità nei club della città come Jefferson Airplane, Grateful Dead, Big Brother and the Holding Company e Quicksilver Messenger Service, fornirono la colonna sonora ad una giornata che divenne celebrazione della nascente controcultura. McClure: “Allo Human Be-In ero sul palco vicino ad Allen Ginsberg e Gary Snyder. C’erano anche Timothy Leary e Leonard Kandel. Cantai una delle mie poesie The God I Worship is a Lion. Fu la prima grande congregazione della gioventù conosciuta come controcultura, che si univa per creare un’enorme famiglia e celebrare la sua tribù con musica, danza, psichedelia e qualcosa di buono dal punto di vista politico”.

Se negli anni ’50 il Be-Bop aveva alimentato i sogni di ribellione dei giovani americani, nei 60s questo ruolo lo assunse il rock & roll. McClure, come Ginsberg e Burroughs, fu coinvolto direttamente con alcuni esponenti della scena musicale: una della foto più celebri del periodo lo ritrae in compagnia di Bob Dylan. Il rapporto con la musica non era però finito qui; il poeta scrisse, insieme a Bobby Neuwirth, il testo di Mercedes Benz reso celebre dalla voce di Janis Joplin, e divenne amico di Jim Morrison, incoraggiando il leader dei Doors a pubblicare le sue poesie. Nel 1978, McClure comparve nel film di Martin Scorsese sull’ultima esibizione di The Band, The Las Waltz, dove recitò Chaucer; successivamente, collaborò con il tastierista dei Doors Ray Manzarek, realizzando, tra gli altri, una versione jazz del poema Love, Lion, Blues.

A chi gli chiedeva dove fosse finito oggi lo spirito della Summer of Love, McClure rispondeva: “Esiste ancora nei volti, nei corpi e nelle ideologie di tante persone che vedo intorno a me”. Vorremmo ricordare con questa frase il poeta scomparso lo scorso 4 maggio, mentre lo immaginiamo lassù, riunito con i vecchi compagni di quel mitico viaggio chiamato Beat.

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