Quando i sovietici processarono Iosif Brodskij e la sua poesia

Nel 1963 il poeta russo Iosif Brodskij viene accusato dalle autorità sovietiche di “parassitismo”. La sua poesia è giudicata “troppo indipendente” rispetto ai canoni sovietici, così nel 1964 inizierà il processo al poeta, che lo condannerà a 5 anni di lavori forzati in esilio. Due sedute del processo vengono raccolte dalla stenografa Frida Vigdorova, e diventeranno emblematiche nell’attirare l’attenzione sulla violazione dei diritti del poeta in epoca sovietica. Qui sotto pubblichiamo stralci del processo a Brodskij, per ricordare che la poesia non va strozzata in gola – nella sua giornata mondiale e per tutte le altre.


GIUDICE : Che cosa fa?

BRODSKIJ: Scrivo poesia. Traduco. Suppongo..

G: Non ci interessano le supposizioni. Stia dritto! Non si appoggi al muro! Guardi alle corte e risponda in modo breve! (a me) Smetti di prendere appunti o ti faccio buttare fuori dall’aula! (a Brodskij) Ha un lavoro fisso?

B: Pensavo fosse un lavoro fisso..

G: Risponda con precisione.

B: Ho scritto poesia. Pensavo sarebbe stata pubblicata. Suppongo…

G: Non siamo interessati alle supposizioni. Ci dica perché non sta lavorando.

B: Stavo lavorando. Stavo scrivendo poesia.

G: Non siamo interessati a questo. Siamo interessati a sapere con che genere di istituzioni era in contatto.

B: Avevo qualche accordo con una casa editrice.

G: Ha avuto abbastanza accordi per viverci? Ce li elenchi, quali erano, che periodo, per quanto denaro.

B: Non ricordo esattamente. Degli accordi se ne occupava il mio avvocato.

G: Lo sto chiedendo a lei.

B: Due libri che contenevano mie traduzioni sono stati pubblicati a Mosca (li elenca)

G: Per quanto tempo ha lavorato?

B: Approssimativamente..

G: Non ci interessano gli approssimativamente!

B: Cinque anni.

G: Dove?

B: In una fattoria. Con gruppi geologici..

G: Per quanto tempo ha lavorato nella fattoria?

B: Un anno.

G: Cosa faceva?

B: Ero un operatore della macchina di macinazione.

G: Ma in generale qual è la sua specialità?

B: Sono un poeta, e un traduttore.

G: E chi ha riconosciuto che siete poeta? Chi vi annovera tra i poeti?

B: Nessuno. (senza sfida) E chi mi annovera nel genere umano?

G: Ha studiato per questo?

B: Per cosa?

G: Per essere poeta?! Non ha provato a finire l’università dove preparano…dove insegnano…

B: Non credo si possa impararlo dalle scuole..

G: E come, allora?

B: Penso che… (confuso)… venga da Dio.

* * *
GIUDICE: Cittadino Brodskij, dal 1956 ha cambiato lavoro 13 volte. Ha lavorato in una fattoria per un anno, e poi per metà anno non ha lavorato. Durante l’estate ha partecipato a una spedizione geologica e poi per quattro mesi non ha lavorato (elenca tutti i luoghi e gli intervalli occorsi tra i lavori). Spieghi alla corte come mai non ha lavorato in quegli intervalli, e perché si è dedicato a questo stile di vita parassita.

BRODSKIJ: Stavo lavorando in quegli intervalli. Stavo facendo quello che faccio ora. Ho scritto poesia.

G: Dunque, ha scritto la “cosiddetta” poesia? Ma perché ha cambiato lavoro così spesso?

B: Ho iniziato a lavorare a 15 anni, trovavo ogni cosa interessante. E ho cambiato lavoro perché volevo conoscere tutto quello che era possibile sulla vita e le persone.

G: E che cosa ha fatto di buono per il paese?

B: Ho scritto poesie. Questo è il mio lavoro. Sono convinto… credo, che quello che ho scritto sarà un beneficio per le persone, non solo ora ma anche per le generazioni future.

VOCE DALLA FOLLA: Ascoltate questo! Che immaginazione!

ALTRA VOCE DALLA FOLLA: È un poeta. Deve pensarla così.

GIUDICE: Allora, lei pensa che le sue cosiddette poesie siano utili alle persone?

BRODSKIJ: Perché le chiama cosiddette poesie?

G: Ci riferiamo con il termine cosiddette alle sue poesie perché non abbiamo nessuna idea di queste poesie.

PUBBLICA ACCUSA SOROKIN: Lei parla delle generazioni future. Cos’è? Pensa che ora le persone non possano capirla?

B: Non ho detto questo. Semplicemente le mie poesie non sono ancora state pubblicate e le persone non possono conoscerle.

SOROKIN: Pensa che se fossero pubblicate riceverebbero un riconoscimento?

B: Sì.

S: Lei dice di avere una sviluppata e ricca curiosità. Allora perché non ha voluto servire l’Armata sovietica?

B: Non risponderò a questa domanda.

G: Risponda!

B: Sono stato rinviato dal servizio militare. Non si tratta di “non voler” servire, sono stato rinviato. È una cosa diversa. Ed è successo due volte. La prima perché mio padre era malato e la seconda perché lo ero io.

* * *
DIFESA: Le sue poesie sono state giudicate da specialisti?

B: Sì. Chukovsky e Marshak hanno parlato davvero bene delle mie traduzioni, meglio di quanto meritassi.

D: Lei ha mai avuto contatti con la divisione dei traduttori dell’Unione degli Scrittori?

B: Sì, sono apparso in un’antologia chiamata “Per la prima volta in Russia” e ho letto le traduzioni dal polacco.

GIUDICE (ALLA DIFESA): Lei dovrebbe chiedergli dell’utilità del suo lavoro, e non del suo aspetto pubblico.

DIFESA: Le sue traduzioni hanno un’utilità.

GIUDICE: Sarebbe meglio, Brodskij, se lei spiegasse alla corte come mai lei non ha lavorato negli intervalli tra i suoi lavori.

B: Ho lavorato. Ho scritto poesie.

G: Ma questo non le ha impedito di lavorare in realtà.

B: Ma io stavo lavorando. Stavo scrivendo poesie.

G: Ma ci sono persone che lavorano in fattoria e scrivono poesie. Cosa le ha impedito di far così?

B: Non tutte le persone sono le stesse. Sin dal colore dei loro capelli, e le loro espressioni facciali.

G: Questa non è una sua scoperta. Lo sappiamo tutti. Ma ci spieghi, come stima la sua partecipazione nel nostro grande progressivo movimento per il Comunismo.

B: La costruzione del Comunismo non è solo stare a un tavolo di lavoro o arare un campo. C’è anche un lavoro intellettuale che…

G: Lasci perdere queste alte frasi! Ci dica, piuttosto, come pensa di organizzare la sua attività lavorativa in futuro.

B: Io volevo scrivere poesie e tradurre. Ma se è in contraddizione con ogni norma generalmente accettata, allora avrò un lavoro fisso e continuerò a scrivere poesie.

* * *
CONVERSAZIONI NELLA STANZA DELLA CORTE:

Scrittori! Dovrebbero essere tutti cacciati via!
Intellettuali! Sono così attaccati al loro colletto!
Ma che c’è di sbagliato nell’intellighenzia? Non lavorano? Lavorano anche loro.
Che intendi? Non vedi come lavorano? Usano le persone che lavorano! Vado a fare anche io una traduzione interlineare e sarà un poeta traduttore anche io!
Ma sa cos’è una traduzione interlineare? Sa come lavora un poeta con una traduzione di questo tipo?
Io conosco Brodskij. È un brav’uomo e un buon poeta.
È anti-sovietico! Ha sentito cosa ha detto l’accusa?
E ha sentito cos’ha detto la difesa?
Ma la difesa parla per denaro, e l’accusa per niente: quindi l’accusa ha ragione.
Naturalmente. La difesa fa tutto questo solo per i soldi. Non gli interessa di cosa dicano, ma solo di quanti soldi finiranno nelle tasche.
State parlando senza senso.

LA CORTE RITORNA E IL GIUDICE LEGGE LA SENTENZA:
Brodskij non assolve sistematicamente i suoi doveri come cittadino sovietico, sia per quanto riguarda il suo benessere personale che nella produzione materiale di ricchezza, il che è evidente dal suo frequente cambiamento di posti di lavoro. Era stato già avvertito dal Ministro della Sicurezza Nazionale nel 1961 e dalle milizie nel 1962. Aveva promesso di prendere un posto fisso, ma non ha preso alcuna decisione, ha continuato a non lavorare, scrivere e leggere le sue poesie decadenti nelle riunioni serali. Dal rapporto del comitato sul lavoro dei giovani scrittori è evidente che Brodskij non è un poeta. È stato condannato dai lettori di un giornale di Leningrado. Quindi il tribunale applicherà il decreto del 4 Febbraio 1961: mandare Brodskij in una località distante per un periodo di 5 anni di lavori forzati.

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