La nostalgia è un dolore per il ritorno, dice l’etimologia della parola. Secondo Will, uno dei personaggi de La mappa della città, l’ultimo racconto contenuto nella raccolta Ricette semplici della canadese Madeleine Thien (66thand2nd, traduzione di Maria Baiocchi e Anna Tagliavini), essa si manifesta negli occhi. Di nostalgia è ammantato tutto il libro che, con una scrittura carveriana, racconta il rapporto tra figli e genitori, lo sradicamento, la fuggevolezza del tempo, l’impetuosità dell’amore, la solitudine che provano certi bambini senza che i genitori se ne rendano conto. Non siamo davanti alla tragicommedia americana, con personaggi sull’orlo di una crisi di nervi, inquadrati in una società consumistica e soffocante. La cultura orientale dell’autrice avvolge un’opera dallo spirito zen, costruita sulla consapevolezza che l’esistenza è un fiume, che nessuno ripassa dal via e che la trasformazione delle cose, delle persone, non si può ostacolare con l’illusione dell’inesauribilità. Dal passato dei protagonisti riemergono case, cucine, litigi, scelte, la gratificazione delle piccole cose, che è un sentimento retroattivo, rivolto a situazioni sfumate, irreversibili. A questo l’autrice guarda con pazienza, benevolenza, anche se fa male.
I racconti di Ricette semplici sono stati pubblicati per la prima volta nel 2001, Alice Munro ne ha elogiato la chiarezza e la purezza emotiva. Madeleine Thien è nata a Vancouver, suo padre è originario della Malesia cinese, sua madre di Hong Kong. La possibilità di attingere a culture così diverse, a immaginari svariati, ha contribuito ad arricchirne l’espressività: soprattutto nei romanzi, non si è mai sottratta dall’esplorare il dramma dell’emigrazione e le condizioni socio-politiche della Cina. Il richiamo delle radici sfuma, in questo libro, nei chiaroscuri delle immagini che l’autrice imprime sul foglio: nei dialoghi, in certi piatti cucinati nel silenzio della casa a sera, nel rombo di una moto che va. Il racconto che dà il titolo al libro apre la raccolta. Le ricette semplici sono quelle con cui il padre della protagonista la intrattiene ai fornelli: lui cucina, lei lo osserva. La spensieratezza di un’intera esistenza si concentra in questo ricordo, che la voce narrante rievoca e rivive, seguendone l’evoluzione negli anni, fin quando il padre, anziano, mangia quel che la figlia gli propone, pur di non scontentarla. La cucina, gli odori, la descrizione delle pietanze sono il preludio di fratture familiari, allontanamenti, non detti, dell’incomunicabilità che trasuda dai racconti.
Tra il primo e l’ultimo racconto (La mappa della città) fluisce una corrente: alla fine del libro, il personaggio narrante è ossessionato dall’immagine dei genitori, li vede ovunque, ma si tratta di sviste. L’infelicità del padre, emigrato dal suo paese di origine per assecondare un desiderio della moglie, rimbalza dal passato nell’inconscio della figlia, che per tutta risposta, si innamora di un ragazzo scanzonato, imprendibile, libero: la sua boccata di ossigeno nella bolla di malinconia che la inghiotte. In molti racconti del libro la madre è un personaggio di rottura, di snodo tra un prima e un dopo, con effetti a pioggia sull’intero nucleo famigliare. Sono donne che hanno sposato l’uomo sbagliato e non hanno rinunciato ad innamorarsi di nuovo. Donne che hanno convinto i loro uomini a cambiare vita o che sono sprofondate nel buio di un umore nero facendone una tana permanente. A guardare c’erano le figlie, che a volte hanno capito, altre meno, e hanno vegliato sui loro padri feriti, perduti, soli. Sono ragazzine giudiziose, maturate in fretta, come la voce narrante di Alchimia che coccola l’amica Paula, quando non vuole tornare a casa per ignorare le incomprensioni dei genitori. La protagonista e Paula sono dapprima inseparabili, al pari delle adolescenti di tutto il mondo. Poi, la prima si innamora e gli equilibri mutano:
“Cambia il modo in cui la tua mente dà forma alle parole, compone le frasi, ne immagina le possibilità” dice la ragazzina a Paula.
L’intera raccolta si snoda sul modo in cui chi racconta percepisce quello che accade fuori per trarvi un universo di sensazioni e sentimenti. In questa ottica, le ricette semplici sono anche le esperienze di un’esistenza: non bastano a proteggersi da ricadute e reiterazioni ma sono senz’altro utili per elasticizzare l’anima. Non è un testo rassicurante, anzi: Madeleine Thien ti getta addosso insoddisfazioni, malinconie, assilli e ti mostra come farne materia letteraria, condivisione. Una chicca imperdibile se amate i racconti dove non succede granché, se non vivere.