Suburra: la bellezza di Roma tra corruzione e pistole, mignotte e preti

Suburra

“Non cambia da duemila anni: patrizi e plebei, politici e criminali, mignotte e preti – Roma.”

È proprio questa la faccia che Suburra – la serie mette in luce della città eterna. La serie, ispirata all’omonimo romanzo e prequel del film uscito nelle sale cinematografiche nel 2015, racconta le vicende che si snodano all’interno della malavita romana. In questo vortice sono coinvolti il Vaticano, il Campidoglio, gli zingari, gli Adami e Samurai, che con i suoi lunghi tentacoli riesce a veicolare i movimenti di Roma secondo le sue esigenze e i suoi accordi di comodo.

Ma la storia, che coinvolge una rete così vasta, va poi a concentrarsi su tre ragazzi: Aureliano Adami, figlio del boss di Ostia Tullio Adami, Spadino, fratello del capo degli zingari, e Lele, figlio di un poliziotto che viene inghiottito, come all’interno di sabbie mobili, dalla malavita della Capitale.

Le organizzazioni a delinquere si reggono su una serie di regole e codici non scritti, e una di queste regole è sicuramente mai tradire la propria famiglia. Nella serie troviamo tre giovani ribelli, rivoluzionari all’interno di un sistema logoro e malfamato che vogliono svincolarsi dai legami di sangue e fare “di testa loro”. Disposti a mettersi contro tutti, a uccidere, a minacciare e fare tutto ciò che serve per scombussolare e mettere dalla loro parte un sostrato vivente e vigente da secoli. Ma si sa bene che non è così facile ribellarsi ai potenti, non è semplice mettere a rischio la propria pelle o quella dei propri cari, ed è così che le faccende si complicano ancora di più. Non manca nei personaggi un fondo di sentimentalismo che traspare dagli occhi dei protagonisti, spesso vivi di una follia quasi romantica, e dai lati più nascosti delle loro figure, che tendono comunque a sfociare in violenza, a essere inglobati nel vortice malsano di cui sono saturi.

Ciò che muove tutte le vicende di Suburra è una sconfinata smania di potere, che coinvolge tutte le larghe sfere della società mettendo così sullo stesso piano tutti i personaggi, sia che abbiano il privilegio di sedere sulle comode poltrone del Vaticano o del Campidoglio, sia che, con le mani sporche di sangue vivano grazie a traffici illegali e spaccio di droghe.

La dicotomia tra la bellezza eterna di Roma e le luride vicende che vi si consumano crea all’interno della serie una magia alchemica capace di mostrare contemporaneamente lo splendore di una città unica quale Roma e il degrado che da essa ne deriva. Il fascino della sale elegantemente arredate all’interno dei palazzi governativi della città mosse unicamente dalla corruzione e dal favoritismo. Suburra, che prende il nome dall’antico quartiere malfamato della Roma imperiale, ci mostra anche la Roma dei salotti, degli attici in centro, delle Contesse e dei politici, persino quelli incorruttibili che cedono lo stesso il passo ai propri tornaconti.

Le dieci puntate che formano la prima stagione di Suburra hanno tutte uno sbalzo temporale. Ci mostrano ancor prima della sigla, quindi nei prima minuti della puntata, un ritaglio di vicenda, per poi tornare indietro di un giorno e ricollegare i fili fino ad arrivare al nodo della vicenda. La co-regia di Michele Placido, Andrea Molaioli e Giuseppe Capotondi è riuscita a creare una struttura organica della serie, rendendo ogni puntata dinamica e coinvolgente.

Questa prima stagione ci mette in faccia una realtà vera per tutti, “a ‘sto monno si nasce soli e si more soli”. E una volta rimasti soli, l’unica cosa da fare è tornare indietro, percorrere la strada a ritroso per tornare nella zona di comfort, oppure cercare di trovare la propria strada, in un modo o nell’altro, di ripartire da zero. Tutto si riconduce a questo, specialmente nell’ambiente aspro e ostile in cui la serie è immersa.

La serie è online sulla piattaforma di Netflix dal 6 ottobre 2017. Pare quindi che Netflix abbia saputo su cosa puntare per inglobare anche l’Italia nel suo largo spazio di produzioni. Sperando che Suburra – la serie riesca ad attecchire e che Netflix continui a produrre anche il frutto dei lombi italiani. Intanto, godiamoci questo shot di pura romanità all’insegna della mafia, della corruzione, dei compromessi e degli impicci di cui ormai siamo tanto abituati. Come ci ricorda questa serie: ormai non c’è più niente di Sacro.

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