Da qualche giorno è uscito nei cinema italiani A Complete Unknown, il film di James Mangold che racconta il giovane Bob Dylan fino alla svolta elettrica sul palco del festival di Newport nel 1965. Un film che ci fa respirare l’aria rinfrescante dei Sessanta, tra club, utopie cantate, folksinger – fino all’urlo di Like a Rolling Stone.
A Complete Unknown è tratto dal libro Dylan Goes Electric di Elijah Wald, in Italia pubblicato da Vallardi con il titolo Il giorno che Bob Dylan prese la chitarra elettrica. Nel film Dylan (Timothée Chalamet) arriva a New York seguendo il richiamo di Woody Guthrie; incontra Pete Seeger (Edward Norton), Joan Baez (Monica Barbaro), Suze Rotolo, manager, musicisti, passanti. The Freewheelin’ non ha mai smesso di suonare, in questi giorni torna nelle casse di ragazzi e ragazze – e la musica non sfinisce mai come un passaparola eterno.
Nel suo libro Elijah Wald annota come per il giovane Dylan, Woody Guthrie fosse eccitante come cantante, musicista e songwriter, ma più di tutto come uno che viveva la sua vita a modo suo. Wald è un chitarrista folk blues, giornalista e storico, con diverse pubblicazioni alle spalle. Due dei suoi libri sono diventati film (l’altro è A proposito di Davis dei Coen). Raggiungiamo Wald al telefono in un pomeriggio di fine gennaio per un’intervista sul film, il libro, Dylan, Newport ’65.
“Vivo a Philadelphia”, dice Wald, “in realtà in questo momento sono a Cambridge, dove sono cresciuto, dove stava Joan Baez”. Wald racconta che a Joan Baez New York non è mai piaciuta, quando ha potuto è tornata in California, dove è cresciuta e ancora oggi vive in una zona bellissima. In un ritratto (citato in Dylan Goes Electric) Joan Didion raccontava Baez come la Rima che si nasconde con gli uccelli e il cervo. Di cosa pensino di A Complete Unknown Joan Baez o Bob Dylan, Wald non ne sa niente, nessuno lo sa. Di recente Wald è andato a cena con il manager di Dylan, nemmeno lui sa niente.
(se non avete visto il film, meglio rimandare la lettura)

Quando nel 2016 hai ricevuto una chiamata dal manager di Bob Dylan per opzionare il tuo libro sei rimasto sorpreso. Se avete Bob Dylan perché volete il mio libro, ti sei chiesto. Adesso che il film è uscito come lo hai trovato?
Mi è piaciuto il film. Hanno fatto un buon lavoro. Fare un film è un processo molto diverso dalla scrittura di un libro. Il mio lavoro è stato cercare di capire cos’è successo e provare a raccontarlo nel modo più accurato possibile. Il lavoro del film è dargli vita, ed è molto diverso. In pratica quello che ho fatto nel mio libro è stato cercare di raccontare la storia seguendo Bob Dylan e Pete Seeger. E di solito le persone non considerano Pete Seeger una figura importante nella vita di Dylan. Io volevo che si capisse perché, quando Dylan ha suonato elettrico, è stato così controverso, e perché alcune persone si sono arrabbiate. E il modo in cui ho scelto di farlo nel libro è stato con Pete Seeger, che rappresentava l’altro lato della storia. Nel film hanno preso questa idea e l’hanno drammatizzata mettendo Pete Seeger e Bob Dylan nella stessa stanza più e più volte, come se tra i due ci fosse una relazione personale. Nella realtà si conoscevano, e Pete Seeger ha presentato Dylan ad alcuni dei suoi concerti, ma non era un rapporto così personale come nel film.
Il tuo libro comincia proprio con Pete Seeger, il racconto di come ha costruito il folk revival nei 60s pietra su pietra. Scrivi che Seeger si considerava un tramite o un catalizzatore, non una star.
Sì, l’idea di Pete Seeger è sempre stata che la musica avrebbe unito le persone, sarebbe stata un’esperienza comunitaria, mentre Dylan voleva essere Elvis Presley.
Il film invece si apre quando Bob Dylan arriva a New York. Come hai trovato l’atmosfera del Greenwich Village e il racconto della scena folk in A Complete Unknown?
Come con la storia Pete Seeger, voglio dire, i dettagli non sono tutti accurati. Per esempio, si vede suonare Joan Baez come artista principale al Folk City, e Joan Baez non si è mai esibita al Folk City. Ma ho appena sentito qualcuno che ha suonato al Folk City in quel periodo, ed era sbalordito dalla ricostruzione. Il Folk City sembrava davvero com’era. Quello che voglio dire è che ci sono alcune cose inventate sui personaggi principali, ma il film riesce a catturare quel mondo in una maniera molto accurata.
Credi che anche Dylan abbia cambiato qualcosa? Ho letto che ha voluto qualche piccola inesattezza. Forse per reinventare un po’ la storia.
Dylan ha sempre inventato le sue storie. E questo è in effetti uno dei temi del film – Dylan ha inventato e cambiato la sua biografia quando è arrivato a New York. E più di qualsiasi altra celebrità, Dylan è riuscito a mantenere la sua vera vita molto privata. E quindi c’è chi potrebbe lamentarsi perché il film non è accurato sulla biografia, ma non credo Dylan voglia che la gente sappia della sua vera vita.
Un film volutamente inaccurato.
Sì. Voglio dire, gli piace. Anche quando era al liceo, quando era giovane, nel Minnesota, a Hibbing, Dylan è sempre stato un solitario. Voglio dire, non era uno che si adattava agli altri ragazzi intorno. È sempre stato uno che ha scelto di andare per la sua strada e non adattarsi. E questo non è cambiato. È ancora quella persona oggi.
Nel libro scrivi: era più un solitario che un portavoce.
Sì. Penso che per lui sia stato molto sorprendente e spaventoso quando le persone hanno iniziato a trattarlo come una figura politica, come un leader. Voleva essere una rock star, non un leader. Nessuno aveva mai chiesto a Elvis Presley cosa pensasse della politica. Quando Dylan era un ragazzo ascoltava Elvis, e a quei tempi Elvis era visto come un ribelle, uno che andava per la sua strada e faceva le sue cose proprio come le faceva nei film. Dylan era cresciuto con la sensazione che i film fossero più reali di quello che lo circondava a Hibbing, Minnesota.
Quindi dici che scappa da quel ruolo.
Non posso dire che lui non volesse assolutamente quel ruolo. Voglio dire, dobbiamo ricordare che quello è stato un periodo spaventoso. C’era stato un momento in cui Esquire, una rivista molto popolare negli Stati Uniti, aveva messo in copertina la foto di una testa che metteva insieme Bob Dylan, Malcolm X, Fidel Castro e John F Kennedy. E prima di tutto, Dylan non aveva fatto nulla per essere messo in quella compagnia. Poi, John F Kennedy e Malcolm X sono stati assassinati e il governo stava cercando di assassinare Fidel Castro. Stare insieme a loro era diventato spaventoso. E non era solo una paranoia. Voglio dire, pensiamo a quello che è successo a John Lennon.
“I played all the folk songs with a rock ’n’ roll attitude,” Dylan recalled. “This is what made me different and allowed me to cut through all the mess and be heard.” (Dylan Goes Electric)

Terri Thal, moglie di Dave Van Ronk e prima manager di Dylan, in un’intervista ha ricordato alcune inesattezze nel film. La notte della crisi dei missili di Cuba in cui nel film Dylan suona al Gaslight, Terry dice che era Van Ronk a suonare. È stata una scelta trascurare Van Ronk?
Sì, è una scelta. Hanno dovuto fare una scelta sulla storia. Ci sono Dylan e Joan Baez e Pete Seeger, e tanti altri sono in un certo senso scomparsi in quella storia. Le persone più ovvie sono Van Ronk e Ramblin’ Jack Elliott, che non è mai menzionato nel film ed è stata la persona che ha avuto la maggiore influenza su Dylan.
Quando prendi una storia complicata e la semplifichi, stai sempre tralasciando molto. E capisco perfettamente perché alcune persone si sono arrabbiate. Voglio dire, è una scelta drammatica quella di come racconti una storia. Per tutti noi, ci sono cose nel film che sentiamo mancare; ci sono piccole cose che danno fastidio anche a me. Ma in totale, penso che abbiano fatto un buon lavoro. Hanno girato un film lungo due ore e 20 minuti, e sembra molto più breve.
Anche a Terri il film è piaciuto. È interessante per me, a tutti quelli che erano effettivamente lì in quel periodo il film è piaciuto. Poi qualcosa non è esattamente così. Ma per le persone che c’erano il film ha catturato la musica, il sentimento di quel luogo e di quel tempo.
E poi è un film così pieno di musica.
Sì. Assolutamente. E la musica è molto ben fatta.
Dylan Goes Electric è il tuo secondo libro a essere diventato un film dopo A proposito di Davis dei fratelli Cohen.
Per quanto riguarda il libro, mi sento molto fortunato. Ho già due libri che sono diventati film a Hollywood, e non scrivo il tipo di libri che ti aspetti di vedere diventare un film. Quindi, mi sento semplicemente fortunato. Entrambi sono stati una sorpresa totale. Poi sono due film molto diversi. A molte delle persone che hanno vissuto quel periodo il film dei fratelli Coen non è piaciuto per niente, mentre a tutti sembra piacere questo. Forse A Complete Unknown è un film più facile da apprezzare.
Entrambi raccontano la scena folk dei Sessanta al Greenwich Village.
Quando Dylan è arrivato lì suonava musica folk perché era quello che gli piaceva fare. La scrittura è arrivata dopo. E quando ha iniziato a diventare popolare, quella scena in cui qualcuno lo riconosce in un bar e tutti iniziano a corrergli dietro urlando… non era così. Voglio dire, Bob Dylan camminava per il Greenwich Village senza che nessuno lo inseguisse anche dopo Like a Rolling Stone. Non era come i Beatles in A Hard Day’s Night con tutte le ragazze che gli correvano dietro strappandogli i vestiti. È solo l’immaginazione di come andavano le cose nei ’60, di come era essere una rock star nei ’60. Dylan era una figura molto speciale, ma non è mai stato una star come lo erano i Beatles. I suoi dischi non vendevano quei grandi numeri. Era importante, ma non c’è mai stata quel tipo di follia intorno a lui.

Cosa pensi dei ruoli di Suze Rotolo e Joan Baez nel film?
È una domanda interessante. La mia prima reazione è stata positiva perché mi aspettavo che la gestissero molto peggio. Poi avrei voluto che facessero meglio.
Suze in particolare. Avevo paura che avrebbero reso Suze solo la ragazza normale che lui lascia per l’eccitante Joan Baez. E nel film ti danno la sensazione che sia un’artista e una donna impegnata in politica. Le danno un po’ di carattere. Il fatto è che era una persona più forte di così. Voglio dire, la politica di Dylan, il periodo politico di Dylan è dovuto a Suze. Al suo talento. Voglio dire, era lei quella politica. E quando si sono lasciati, lui ha smesso di interessarsene. Anche Joan Baez era politica in un certo senso, ma non era un’attivista a tempo pieno come Suze Rotolo.
Inoltre, il film dà un’idea di come Joan fosse più popolare di Dylan, ma non dice la misura in cui ciò era vero. Joan era davvero molto più popolare di Dylan nei primi anni ’60. Joan era una grande star. Ecco perché non ha mai suonato al Folk City, faceva concerti per migliaia di persone, non suonava in piccoli locali notturni.
Poi c’è un momento in cui Dylan diventa più famoso di Joan Baez.
È davvero con Like a Rolling Stone, quando è diventato una rock star. Non che sia mai diventato la più grande star negli anni ’60, come Joan Baez all’inizio degli anni ’60.
Ma la fama di Dylan, in gran parte è retrospettiva. Non aveva le vendite dei dischi dei Beatles. Questo vale anche per i Rolling Stones, i Beatles erano infinitamente più grandi dei Rolling Stones. Voglio dire, Simon e Garfunkel vendevano tre volte più dischi dei Rolling Stones. I dischi di Dylan venivano comprati dalle ragazze dei club di poesia, non dalle ragazze che vanno a ballare. Ma sono quelli del club di poesia che finiscono per scrivere i libri di storia della musica, così sono loro a creare la narrazione.
In ogni caso oggi Paul McCartney o i Rolling Stones suonano per un pubblico molto più vasto di Bob Dylan. In parte perché Dylan continua a fare musica interessante. Se vai a vedere i Rolling Stones suoneranno Satisfaction, e la suoneranno esattamente come la suonavano sessant’anni fa. Se vai a vedere Bob Dylan niente di ciò che fa suonerà come qualcosa che ha fatto sessant’anni fa.
E oggi qual è il tuo album preferito di Dylan?
Highway 61 Revisited, non c’è dubbio. E tutti i miei album preferiti di Dylan vengono da quel periodo. Dylan ha detto più volte che c’era qualcosa di magico in quel periodo, nemmeno lui capisce come potesse fare quella musica. L’ha fatta in quei primi 4 o 5 anni.
Quindi sei uno da Like a Rolling Stone?
Like a Rolling Stone non è la mia traccia preferita di Highway 61. Sono un fan del blues. Mi piace la roba che suona blues.
Da che mondo viene quel periodo magico di Dylan?
Non ne ho idea. Voglio dire, è come con Picasso, c’è un momento in cui Picasso improvvisamente sta cambiando il mondo, e poi continua a essere un pittore interessante, continua a cambiare, ma c’è un momento in cui sta cambiando il mondo. E così è stato anche per Dylan. Voglio dire, se Dylan fosse scomparso dopo Blonde on Blonde non penso il mondo sarebbe un posto molto diverso. Di certo la sua musica ha continuato a essere un’influenza. Ma sono quei cinque anni il periodo in cui ha cambiato il mondo.
Dopo quello, la musica era diversa. I Beatles erano diversi. I Rolling Stones erano diversi. Persone come Neil Young potevano accadere. Van Morrison. Niente di tutto ciò sarebbe potuto accadere senza Dylan.
E come hai vissuto a guardare quel momento del film a Newport 1965 quando Dylan svolta all’elettrico?
Ci sono cose che avrei fatto diversamente se avessi girato io il film, scelte un po’ strane. Per esempio, se guardi la folla sono tutti seduti sulle loro sedie. E alcuni di loro sono arrabbiati e c’è una donna che balla, ma sono tutti sulle loro sedie. Non ho idea del perché l’abbiano girato in quel modo. Nella realtà quando Dylan è salito sul palco, migliaia di persone sono saltate dalle loro sedie e sono corse davanti, e si sono tutti fermati ai piedi del palco. Questa cosa avrebbe reso la scena molto più efficace. Voglio dire, sembrava davvero più una rivolta di quella che vedi nel film.
Molte persone si arrabbiavano perché un sacco di giovani erano lì solo per vedere Dylan e correvano davanti al palco e urlavano e applaudivano e si comportavano come se fossero a un concerto pop. E Newport avrebbe dovuto essere l’opposto di un concerto pop. E così è andata per tutto il weekend. C’erano fan di Dylan dappertutto che non avevano alcun interesse in tutto il resto. Aspettavano solo di sentire Dylan e chiedevano a tutti: Dov’è Dylan? Hai visto Dylan? Quando ci sarà? Quindi molta rabbia era dovuta al fatto che Dylan si comportava come una pop star e aveva portato tutti quei fan con lui.
E Pete Seeger era così arrabbiato.
Era arrabbiato perché quello che stava facendo Dylan era distruttivo per la visione di Seeger. Intendo, Seeger aveva assolutamente ragione sul sogno della musica come qualcosa in cui le persone sarebbero andate a braccetto, cantando insieme per far progredire il mondo politico. In un certo senso il sogno finì quel fine settimana. Voglio dire, dopo quello, divenne una barzelletta. Anche perché Dylan divenne una rock star. Tutta la meccanica della musica una volta che l’hai elettrificata è diversa. C’è una persona o una band dietro gli amplificatori e tutti gli altri davanti ad ascoltarli e a trattarli come dei. È semplicemente una cosa diversa dalla musica acustica, dove puoi stare tutti seduti insieme, condividendo.
Come avrebbe vissuto Woody Guthrie quel momento elettrico, se fosse stato lì. Come l’avresti vissuto tu.
Sai, quando scrivevo il libro quello che cercavo di fare era dare una visione di entrambi i punti di vista. Volevo renderli così forti che se mi fosse riuscito, quando il lettore sarebbe arrivato a quella sera non avrebbe saputo che fare, se applaudire o fischiare. Entrambe le parti hanno le loro ragioni. Penso che fosse del tutto ragionevole pensare che quello che stava facendo Dylan fosse terribile, ed era del tutto ragionevole pensare che fosse la cosa più eccitante mai sentita.
Per quanto riguarda me la risposta breve è che se fossi stato a Newport quando avevo 16 o 17 anni, sarei stato molto arrabbiato. E se fossi stato lì quando ne avevo 23 o 24, mi sarebbe piaciuto. Da giovanissimo ero un purista folk.
With the last notes of “Maggie’s Farm,” we leave the realm of history and enter the realm of myth. Some spectators recall the crowd exploding in boos, some recall cheers, some only shocked silence. (Dylan Goes Electric)
Come hai trovato il cast? ti è piaciuto Timothée Chalamet nel ruolo di Bob Dylan?
Sì, è stato davvero bravo. Ed Norton è incredibile nel ruolo di Pete Seeger. Ma hanno talenti diversi. Norton è un imitatore incredibilmente abile. E non è quello che fa Chalamet. Tim non sta cercando di fare un’imitazione di Dylan, sta interpretando un personaggio, ma non sta cercando di muoversi e suonare esattamente come Bob Dylan. Mentre Ed Norton si muove e suona esattamente come Pete Seeger. È sorprendente. Monica Barbaro, penso che faccia un ottimo lavoro come Joan Baez – che in un certo senso è davvero molto difficile.
Dai racconti nel tuo libro, annoti che Dylan nei primi concerti si muove un po’ come Charlie Chaplin.
Dylan in quel periodo al Greenwich Village si è sempre alzato in piedi. Non si sedeva e sul palco si alzava e si muoveva costantemente, camminava come se stesse per cadere dal palco, e poi si riprendeva. Come Charlie Chaplin. La mia ipotesi è che Chalamet non avrebbe trovato facile suonare la chitarra mentre faceva tutto questo. Quindi sta seduto su una sedia. Come ho detto, non sta cercando di fingere di essere Bob Dylan. Sta interpretando un personaggio. E penso che sia stata una scelta intelligente.
In foto: il libro in edizione Vallardi; Elijah Wald in concerto a Seattle nel 2016, foto di Joe Mabel