Una cena in Senato e il precariato svanisce

C’è una sorta di gap comunicativo nell’indignazione italiana degli ultimi tempi. Siamo di fronte alla crisi degli sportelli bancari di Cipro e ci andiamo a schiantare contro la cena lussuosa dei neo-parlamentari grillini. Tutti a gridare al sacrilegio e alla profanazione, post su post di critiche violentissime nei confronti di un lussuoso piatto a tavola. Tronfi della nostra protesta ci auto-esaltiamo pensando a quanto è bella la parola “coerenza” mentre andiamo a pagare le bollette alla posta.

Questa “sclerosi del risentimento” ci fa perdere di vista completamente quali sono i reali problemi. Non si parla d’altro che dello stipendio parlamentare. Dimezziamolo, sono d’accordo. Ma la mia domanda è: in che modo questi soldi risparmiati in questo modo dovrebbero cambiare la vita di milioni di precari e di disoccupati? La tanto millantata “rivoluzione digitale” si sta rivelando pian piano per quella che è: un enorme balla piena di fumo e senza contenuti.

Stiamo pagando un prezzo enorme a causa dell’austerity, stiamo guardando salire la disoccupazione a causa delle insolvenze di un debito che non è pubblico e che viene fatto passare come tale, ma noi vogliamo continuare a guardare la polpetta nel piatto dei senatori a cinque stelle. Maledetti, fate schifo, andate a cucinarvi a casa. Si, bello, e poi?

«Bastardi, come farò a pagare il mutuo se questi politici continuano a mangiare al ristorante del Senato?» Come abbiamo fatto a creare un collegamento così folle tra il mangiare dei politici e le famiglie che annegano nei debiti? Perché l’eliminazione della prima cosa dovrebbe comportare lo scomparire della seconda?

In America intanto, dove ultimamente certe problematiche vengono affrontate seriamente, Obama sta intentando un processo contro “Standard & Poor’s” denunciando la celebre agenzia di rating per aver “valutato” i mutui sub-prime come poco rischiosi (nonostante la natura di questi sia proprio l’elevato rischio di insolvenza). Detto in parole povere, negli USA stanno tentando di far luce sul disastro economico che ha colpito anche l’Europa e che ci ha trascinati nel disastro portando in tribunale i veri colpevoli.

Noi invece abbiamo fatto centro: siamo riusciti a prendercela con la mitica casta (per carità, è anche giusto denunciare clientelismo, strapotere e conflitto di interessi eh) e con i “ricchi giornalisti” invece di additare il vero nemico, ovvero il “debito” e certi interessi finanziari. C’è una nota strappalacrime di Roberta Lombardi, quella che ha detto certe belle cose sul fascismo e sull’articolo 18, che vorrei condividere. Si parla della casa a Roma e del trasferimento dei nuovi parlamentari:

“Siccome i parlamentari del Movimento 5 Stelle non sono ricchi professionisti della politica e non vogliono buttare i soldi pubblici per trovare una casa con le agenzie immobiliari stanno chiedendo a tutti i conoscenti di aiutarli in queste ricerche”

Questa nota non è casuale. Questa volontà di immedesimazione (“non sono ricchi professionisti della politica”) ma anche questa retorica da quattro lire sul “buttare i soldi pubblici nelle agenzie immobiliari” è atta a far passare i parlamentari come “normali cittadini”. Ma si può mai affidare il paese in mano a parlamentari (lo sono eh, non è che non lo sono) che si affidano a conoscenti per trovare casa, facendo le vittime della situazione, empatizzando con i precari e con chi ha davvero difficoltà con la casa?

Voglio dire, mentre cercano casa e dormono sui pavimenti perché “uno vale uno”, si può sapere cosa si propongono di fare in merito al precariato? Cosa si vuol fare riguardo agli esodati? In che modo si vuole creare il reddito di cittadinanza? Continuiamo a sputare sui giornalisti (una categoria bella grande di persone dove ci sono anche sfruttati, sottopagati, gente che lavora gratis e si fa un sedere gigantesco) e applaudiamo a questi nuovi politici che dormono per terra. Bravi, fatevi le ossa perché a queste domande dovrete rispondere, presto o tardi.

[Foto da Facebook]

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