Dopo Residenza Arcadia, Mercedes e Le Buone Maniere, Daniel Cuello aggiunge con Piovono Corvi (sempre Bao Publishing) un altro tassello al suo peculiare, e ormai riconoscibile, universo narrativo. Siamo ai confini della Nazione, in un albergo ormai quasi in rovina, dove un’umanità varia trova rifugio mentre fuori precipitano aerei, le temperature sono ormai alle stelle e le risorse idriche scarseggiano. Le scelte scellerate del regime totalitario che governa la Nazione e le loro dirette conseguenze fanno da sfondo agli incontri delle persone che abitano i piani di questa struttura diroccata. Come in altri fumetti di Cuello, tra camei e nuovi incontri, anche qui i personaggi coinvolti sono tanti, ma fulcro della storia sono sicuramente Attilio e Zena, una coppia di vecchietti, fiaccati nel fisico ma dal carattere ancora vivo e arcigno. La loro fuoriuscita dall’albergo – accompagnati dal loro simpaticissimo cagnolino e da Sami, un giovane che si prende cura di loro – li esporrà a un viaggio impervio e pieno di incontri minacciosi, ma che sveleranno parte delle zone d’ombra della vita dei due personaggi.
Senza privarsi di molti momenti di ilarità o di commozione, Piovono Corvi è quindi un viaggio sulle scelte collettive, ma anche individuali, a cui dar peso e sui sensi di colpa che queste si portano; del carico di convivere con questi per tutta la vita e di come la nostra mente lavori per rendere il tempo che ci resta più tollerabile.
Cuello riesce ancora una volta quindi non solo a tratteggiare dei personaggi indimenticabili nelle loro ambiguità, ma anche a parlare di come il Potere scivoli subdolamente nelle nostre vite e sia in grado di inebriare chi, anche per poco, riesce ad avercelo in mano. Lasciando però sempre anche quel briciolo di speranza che spinge a dire no, a prendere posizione, a far tirare a lettori e lettrici anche qualche sospiro di sollievo di fronte a una realtà soffocante. Di personaggi “carogne”, di storie e ricordi ho avuto il piacere di parlarne direttamente con lui nelle domande che trovate in questo articolo. Grazie ancora all’autore per la disponibilità!
Innanzitutto grazie per il tuo lavoro e per aver accettato di rispondere alle mie domande. Parto dalla prima, che è legata a Piovono Corvi, ma anche a Le buone maniere perché l’uscita del primo mi ha dato il pretesto per recuperare anche il secondo. L’impressione che ho avuto leggendo questi tuoi due lavori a distanza di qualche anno rispetto a Residenza Arcadia e Mercedes è che da delle storie più chiuse e legate a singoli personaggi, dove forse il contesto si leggeva meno, ci sia invece una presenza più collettiva e prepotente del Partito. Così tanto da finirci praticamente dentro in Piovono corvi: è così?
Sì, sebbene l’intero arco narrativo dei protagonisti Attilio e Zena siano autoconclusivi e legati solo a Piovono Corvi, il loro passato e ciò che accade “dietro di loro” racconta molto più del Partito, della Nazione e della forma oligarchica che la controlla. In ogni fumetto, fin da Residenza Arcadia, ho ampliato la cornice del mondo fuori da quel condominio per far conoscere meglio, a chi legge la storia, cosa accade nel mondo in cui abitano (ahinoi, praticamente identico al nostro, ormai). E sapevo che prima o poi avrei spiegato molto meglio cos’era il Partito e quale fosse la situazione socioeconomica di alcune porzioni della Nazione dove sono ambientate molte delle storie che racconto.
Piovono corvi è un volume dove molte voci partecipano alla storia, ma sicuramente i due personaggi su cui molto si intreccia sono Attilio e Zena. Una coppia di arcigni vecchietti a cui ci si affeziona inevitabilmente, ma che hanno anche un passato denso di ombre. Nei tuoi fumetti è difficile distinguere personaggi completamente negativi o positivi, anzi: sono più frequenti le carogne rispetto ai santi. Come mai il tuo interesse per questo tipo di figure?
Le storie con protagonisti buoni, eroi, portatori di valori positivi e propositivi, mi sono sempre stati molto strette. Come se quel tipo di narrazione volesse nascondere una porzione che esiste e facciamo di tutto per non vedere. Fin da Residenza Arcadia sentivo il bisogno di parlare invece delle ombre, della banalità del male, del fango in cui siamo immersi. I miei personaggi sono umani a tutto tondo e come tali rappresentano quel fango ma anche il tentativo, spesso fallimentare, di uscirne.
Il personaggio di Zena vive tormentata dall’aver dimenticato parti del suo passato, un passato che la sua psiche ha oscurato per autoproteggersi nel tempo presente che vive. Durante un’intervista di qualche anno fa Nona Fernandez, un’autrice cilena i cui romanzi affrontano costantemente il tema della dittatura che ha segnato la storia del Cile, mi disse: “Credo che il passato sia uno spettro. E credo che il presente non esista. Tutto è passato, compreso quello che ti sto dicendo ora: è già parte del passato. Il passato quindi è l’unico strumento che abbiamo per definire il presente.” Ti ritrovi in questa frase? Rispecchia un po’ quello che accade nelle tue storie?
Mi ci rispecchio pienamente. Anzi, è un dibattito che affronto spesso anche con amicə. Nel momento in cui hai formulato un pensiero o espresso una parola, l’atto di pensarla appartiene al passato. Senza il passato non siamo altro che pagine bianche, vuote, senza nulla da dire, nulla da provare. Con tutte le conseguenze che questo comporta. Individualmente sarei molto felice di poter dimenticare, cancellare, alcuni passaggi della mia vita, come in Eternal Sunshine of the Spotless Mind, ma collettivamente sarebbe un gravissimo problema. Il passato è manipolabile, ricordarlo per quello che è stato ci definisce come persone e comunità. In Argentina, proprio ora, mentre scrivo queste parole, il governo Milei sta facendo tutto il possibile per cancellare la memoria collettiva che si ha degli anni della dittatura, non a caso ha emesso dei decreti per cancellare i progetti di rintracciamento dei nipoti de Las Abuelas de Plaza de Mayo, e persino le loro proteste per strada. Il passato è pericoloso, specialmente per le persone di potere, non lo dico solo in Piovono Corvi, ma lo sanno bene anche i leader del mondo che vogliono modificare la memoria che abbiamo di quel passato.
Piovono corvi però secondo me attinge dal passato, ma si proietta anche verso un futuro possibile se non addirittura probabile. Penso al governo di estrema destra che abbiamo al momento in Italia, ma anche alle estreme conseguenze del cambiamento climatico che si abbattono in Piovono corvi. Senza la pretesa di voler cambiare le cose, come hai fatto presente durante la prima presentazione a Milano, in che modo la letteratura, i fumetti, i prodotti culturali in generale, possono avere un ruolo in questo contesto? Cosa ti spinge insomma a raccontare proprio queste storie?
Non ho la pretesa che nessuna delle mie storie possa modificare il corso della Storia. Però mi fa piacere che le mie piccole storie restino anche una volta chiuso il libro, come mi viene molto spesso detto anche dalle persone che hanno letto i miei libri e che restino lì per graffiare un po’ i loro pensieri. Il massimo a cui posso ambire, secondo me, è questo, al netto del mero intrattenimento con battute, personaggi grotteschi e disegni più o meno belli: un’idea, un segno, qualcosa che resti per qualche giorno e faccia riflettere le persone. Per me è già tanto.
Piovono corvi è il quarto di un ciclo ideale di 5 volumi. Come nasce questo Cuello-verse? Pensi di essere cambiato come fumettista durante questi anni di lavoro?
Sono molto cambiato! Di fumetto in fumetto ho notato di essere diventato più spigoloso, fastidioso e meno consolatorio. Pur mantenendo sempre al centro i topoi a cui tengo molto (la solitudine, la fatica nell’accettare il diverso, lo status quo, la malinconia, per dirne alcuni) ho notato che involontariamente – ma forse non poi così tanto – in ogni fumetto “oso” di più. Ed è sempre un rischio. Forse, in fondo, il rischio che avvertono tutti i miei personaggi è un tema esso stesso presente all’interno delle mie storie.
Su instagram si vedono spesso tue vignette dal piglio ironico e che inquadrano certi sbatti della vita con cui è facile empatizzare. Non mancano i messaggi politici, ma anche quelli restano in un quadro di leggerezza. I tuoi graphic novel mantengono molti momenti si ride di gusto, ma in un contesto di emozioni sicuramente più denso e cupo. Come fai convivere queste due anime dei tuoi lavori?
Perché è così che funziona il mio cervello. Non saprei darti risposte più articolate. Un po’ di dissociazione c’è (riporto le parole del mio psicologo), ma in fondo credo sia, come per i miei personaggi, che non sono mai né del tutto cattivi né del tutto buoni, come lo specchio della vita: che non è mai sempre angosciante o sempre allegra, ha dei picchi di entrambe le componenti e spesso dei momenti di calma totale.
Ci consigli qualche bel fumetto che hai letto recentemente?
Recentemente ho avuto pochissimo tempo per leggere fumetti. Ma in primavera ho letto Ducks di Kate Beaton (BAO, 2023), l’ho trovato pungente, irritante al punto giusto, uno di quei fumetti che ti fa dire “Ma che cazzo stiamo facendo!? Dove vai, vai, e come specie, noi umani, siamo davvero disarmanti”. Amo quando i fumetti mi fanno fare questi ragionamenti.