Libri

Letture da recuperare | 36 libri usciti nel 2020

E così arrivammo alla fine di un altro stupido e lurido anno.
– Don DeLillo, Americana
Il 2020 sta per sfumare e per non perdere il ritmo delle letture qui sotto ripassiamo un po’ di libri che sono usciti quest’anno e vale la pena recuperare – non una votazione per estrarre una lista dei migliori, ma una proposta corale a tre libri ciascuno. E mentre l’anno se ne va, vi auguriamo buone letture di fine anno.

a cura di Francesco Chianese

Marta Barone – Città sommersa

Bompiani

Un esordio straordinario, quello di Marta Barone, che si manifesta nella capacità di parlare letteratura fin dal titolo: non è Atlantide né Kitež, la misteriosa città sommersa menzionata, ma Torino, città di cui l’autrice è originaria e che all’improvviso scopre sconosciuta, con riferimento specifico al mondo nascosto dell’eversione rossa degli anni Settanta. Gli italiani sembrano non aver mai amato particolarmente la storia troppo vicina, perché spesso costringe a tirare fuori i panni sporchi che secondo un detto ricorrente andrebbero lavati in casa. Soprattutto se la storia è quella degli anni di piombo, riconoscendosi un atteggiamento che lo storico inglese John Foot ha definito “memoria divisa”. L’operazione che Barone porta avanti procede in direzione contraria: ricomporre il ritratto di suo padre, provando a conciliare i ricordi di una figlia con l’immagine di terrorista che è stato consegnato alla cronaca. L’autrice si addentra nel racconto autobiografico della propria famiglia e mette insieme i tasselli di due vite – la propria, quella del genitore – ripercorrendo ricordi, documenti, testimonianze e rievocando persone, volti, fatti, storie, facendoci scoprire che a volte la città sommersa dalla storia coincide con quella che si nasconde nella nostra memoria.

Walter Siti – La natura è innocente. Due vite quasi vere

Rizzoli

Negli ultimi anni, l’uscita di un romanzo di Walter Siti è accolta automaticamente come un caso letterario, una conferma che l’autore si è già conquistato un posto nelle future storie della letteratura italiana. Un’intuizione che l’autore ci tiene a confermare inventandosi in ogni nuovo libro modi originali e più arditi di rivisitare la fiction e l’autofiction, combinandola con la saggistica e altri generi quali il diario e la biografia, e riuscendo a trovare nuovi modi per scandalizzare i lettori. La riflessione di origine leopardiana che ispira il titolo è ripresa nel saggio posto al centro del libro, dedicata alle manifestazioni dell’arbitrio che regola le leggi di natura contro i tentativi dell’uomo di controllarle attraverso le varie manifestazioni della cultura. La stessa è riesaminata nella pratica della vita da due racconti esemplari che reinventano in montaggio alternato le storie di due persone reali non esattamente tipiche: un matricida siciliano e un borgataro romano divenuto star del porno internazionale. A sorpresa, il tema si scopre di immediata attualità poiché il libro esce subito dopo il primo decreto che ci ha confinati in casa. Ma la letteratura migliore non invecchia, né sembrano esaurirsi i modi in cui Siti riesce a parlare di sé attraverso altri personaggi e incollarci alla pagina.

Anja Trevisan – Ada Brucia. Storia di un amore minuscolo

Effequ

Se qualche anno fa Emanuele Trevi dichiarava che la letteratura diventa sempre più striminzita, Anja Trevisan ci suggerisce che oggi anche gli amori diventano minuscoli. I due discorsi sembrano completarsi a vicenda. A partire da Petrolio di Pasolini, in Qualcosa di scritto Trevi tracciava le coordinate di un mondo in cui i lettori sono sempre meno abituati alla complessità formale dei romanzi moderni e postmoderni. Trevisan ci sottopone la difficoltà di coinvolgere chi legge in storie di grandi passioni che siano Storie con la esse maiuscola, quelle di Tolstoj, Pasternak o Bulgakov, se non nella forma di grandi ossessioni domestiche in cui l’epica del sentimento confina pericolosamente con l’abuso, la perversione, la follia che ci conducono nelle camere dei motel di Nabokov. Al debutto a ventidue anni, l’autrice si segnala per essersi distaccata dal coro della letteratura-verità che ha monopolizzato la narrativa del 2020 raccontando una storia così irreale da sembrare vera, una delle tante che ritroviamo nelle pagine di cronaca. Ma immaginando il protagonista del suo libro inventare un mondo di finzione per costringere la bimba che ha rapito a non uscire da casa, è riuscita anche a tradurre sulla pagina l’incanto di un amore che sfida ogni plausibilità, convenzione ed etica con una scrittura che non rinuncia a cercare la bellezza, e mai come alla fine di quest’anno ce n’è bisogno.


a cura di Ilaria Del Boca

Jenny Offill – Tempo variabile

NN Editore (trad. Gioia Guerzoni)

Tempo variabile è un romanzo che spiega le paure e le angosce dei nostri giorni attraverso le vicende personali di Lizzie, una bibliotecaria a cui le persone affidano i propri interrogativi chiedendo in cambio non tanto risposte, ma un po’ di conforto. Ogni pagina è un’istantanea di questo strano tempo che stiamo vivendo come se potesse non esserci un domani per tutti. L’unica consapevolezza che abbiamo è quella di essere dentro la storia che i nostri nipoti studieranno sui libri. Jenny Offill racconta con estrema lucidità un’epoca instabile, dove i cambiamenti dei singoli sono capaci di modificare le sorti dell’intera umanità. La catastrofe è imminente e nessuno si trova in un rifugio davvero sicuro. Lo sa bene Lizzie che nella vita privata è anche madre, moglie, figlia e sorella e in quanto tale è chiamata a scontrarsi non solo con i suoi problemi, ma pure con quelli di tutta la famiglia, fino a quando l’amica Sylvia le chiede di rispondere alle mail degli ascoltatori del suo podcast Cascasse il mondo. A questo punto, sopraffatta dalle preoccupazioni altrui, anche le più solide certezze sembrano crollare, ma la protagonista possiede un’arma di difesa che neanche lei stessa ricordava di avere: la speranza.

Alia Trabucco Zerán – La sottrazione

Edizioni SUR (trad. Gina Maneri)

In un anno così difficile come il 2020 leggere un libro che si apre con la conta dei morti e delle tombe a qualcuno potrebbe non sembrare il massimo. Paradossalmente La sottrazione è uno dei pochi romanzi che negli ultimi 365 giorni è riuscito a colmare quel vuoto gigante che in tanti come me hanno provato dopo la scomparsa di una persona cara. L’esordio letterario di Alia Trabucco Zerán racconta le vicende di Felipe, Iquela e Paloma, tre giovani molto diversi, ma accomunati dallo stesso bagaglio di memorie. All’improvviso, dopo anni di silenzio, un passato ingombrante torna ad affacciarsi sul presente delle loro vite. I ricordi tramandati da padri e madri che insieme hanno fatto la resistenza durante la dittatura di Pinochet non sono più soltanto dei semplici ricordi. Troppe domande non hanno ancora avuto risposta e la lontananza non ha mai davvero acuito il dolore della perdita. Per chi è rimasto inizia un road trip attraverso le Ande che lentamente scioglie i nodi e i misteri irrisolti di un’epoca tanto complessa per il Cile. Le voci dei ragazzi si sovrappongono alle memorie degli adulti, creando un racconto che rivela immagini nuove e antiche diapositive ancora nitide. Un romanzo forte e crudo che scuote i lettori, offrendo uno sguardo inedito sulla memoria di fatti storici e personali.

Tom Gauld – Dipartimento di teorie folgoranti

Mondadori Oscar Ink (trad. Francesca Crescentini)

Chi non si è mai imbattuto in una striscia di Tom Gauld alzi la mano e veda di rimediare al più presto. Se vi siete persi le sue vignette probabilmente eravate impegnati in un trasloco da Marte alla Terra, allora in questo caso potete essere perdonati. Non credo esistano altri motivi per ricevere un indulto. Tom Gauld è il celebre fumettista scozzese che da anni porta attraverso i suoi disegni una buona dosa di ironia sulle pagine delle più importanti riviste americane e inglesi, dal New Yorker al Guardian, passando per il New York Times fino ad arrivare al New Scientist. Dopo il successo di In cucina con Kafka e Mooncop Tom Gauld racconta il mondo scientifico nel suo stile tipicamente surreale. Le 150 strisce raccolte in Dipartimento di teorie folgoranti provengono proprio dal settimanale di divulgazione scientifica New Scientist: i protagonisti di queste vignette sono gli scienziati e le loro invenzioni, ma non aspettatevi onori e premi Nobel. Gli esperimenti non vanno sempre come dovrebbero andare e i teoremi vengono presi a colpi di like e dislike sui social network come se fossero banali aforismi. Dura vita quella della comunità scientifica nel 2020. Prendetevi un pomeriggio di ozio sul divano e anche quest’anno terribile vi sembrerà migliore dopo aver letto Tom Gauld.


 

a cura di Martina Neglia

Elisa Cuter – Ripartire dal desiderio

Minimum Fax

Da attivista femminista incontrare il libro di Elisa Cuter vuol dire ritrovarsi spesso, durante la lettura, in una posizione scomoda. Ripartire dal desiderio, infatti, indaga fenomeni cruciali della contemporaneità ed eventi che hanno segnato la recente storia femminista: l’eccessiva fiducia nel lavoro riposta dalle femministe della seconda ondata, la femminilizzazione della società, gli inganni delle rappresentazioni in alcuni prodotti audiovisivi, il metoo e il posizionamento da vittime, una mascolinità in crisi che sfocia a volte nell’ideologia incel. Cosa c’entra quindi il desiderio? Per Cuter, qui al suo esordio, il desiderio, che è condizionato da tanti fattori, specie nel sistema economico capitalista in cui viviamo, può anche farsi motore politico, di relazione, di spinta verso l’altro. È una lettura che genera attrito, apre nuove prospettive, lascia più domande che risoluzioni ma forse proprio per questo è una dei testi più interessanti dell’anno.

Liv Strömquist – La rosa più rossa si schiude

Fandango (trad. Samanta K. Milton Knowles)

Attivista femminista e fumettista, i lavori di Liv Strömquist, in Italia pubblicati da Fandango, sono dei veri e proprio phamplet a fumetto su tematiche che spaziano dalla sociologia, alla storia, all’antropologia. È quello che avviene anche ne La rosa più rossa si schiude, dove la fumettista riprende il filone tematico delle relazioni già argomento portante del precedente I sentimenti del principe Carlo. Attingendo soprattutto dalla produzione della sociologa Eva Illouz e dal filosofo Byung-chul Han e da un campionario umano fatto di figure artistiche del passato a personaggi dell’immaginario pop, come l’incontentabile DiCaprio, Strömquist tratteggia con un tono sferzante le dinamiche contemporanee delle relazioni amorose. Come siamo cambiati nei secoli, uomini e donne; come il capitalismo, ancora una volta, ha minato la nostra capacità di abbandonarci all’altro; come l’incertezza e il distacco sono ormai costanti di due persone in avvicinamento. Non è il periodo migliore per l’amore, ora più di prima, però qui, tra una risata e l’altra, c’è materiale per comprenderlo un po’ di più.

Diamela Eltit – Manodopera

Alessandro Polidoro Editore (trad. Laura Scarabelli)

Arrivo alla terza segnalazione del 2020 e mi dico che tra fiction, saggistica e fumetto il fil rouge delle mie letture resta sempre la critica al sistema al neoliberale che ha incrinato ogni aspetto della nostra vita. Dopotutto ce lo siamo detti più volte in quest’anno di pandemia, che non saremmo tornati alla normalità perché la normalità era il problema. Chissà se lo capiremo, ma di certo anche le pubblicazioni di questo anno strano hanno continuato a ricordarcelo. Eltit, l’autrice di Manodopera (opera del 2002 arrivata quest’anno in Italia nella traduzione di Laura Scarabelli), viene da un Paese, il Cile, in cui quello stesso slogan della normalità si è alzato più volte. In questo romanzo, dalla narrazione sperimentale, frammentata, analizza le “perversioni del tardo capitalismo grazie allo spazio che meglio di tutti è capace di figurarlo: il supermercato”. Nella prima parte il monologo di un dipendente e la sua vita monotona tra gli scaffali; nella seconda un gruppo di coinquilini costretti a vivere insieme a causa della precarietà che segna il loro stato economico e impedisce loro di godere quanto meno della solidarietà reciproca. Il tutto con una lingua gelida, che mette il lettore di fronte alla realtà dura e cruda, la nostra.


a cura di Marianna Abbate

Daniele Mencarelli – Tutto chiede salvezza

Mondadori

Tutto chiede salvezza racconta la storia del TSO (trattamento sanitario obbligatorio) che Mencarelli stesso ha dovuto affrontare quando aveva vent’anni, nel 1994. I sette giorni nel reparto psichiatrico di un ospedale romano mettono a nudo le debolezze e la fragilità degli esseri umani. Il Daniele ventenne è allo stremo delle forze, destabilizzato dal consumo di alcol e droghe e realizza solo nelle mura d’ospedale la necessità di chiedere aiuto. Condivide la stanza con altri cinque uomini, altrettanto distrutti e sofferenti. Emozionante oltre ogni limite, il romanzo insegna con una sensibilità straordinaria l’arte di chiedere salvezza per sé e per il prossimo. Nonostante la drammaticità delle problematiche raccontate, con il suo romanzo – finalista al Premio Strega 2020 e vincitore dello Strega Giovani – Mencarelli compie un inno alla vita. La chiave di lettura assoluta è l’empatia: la capacità di comprendere l’altro e di prenderne per quanto possibile le difese, per dimezzarne le colpe e i dolori. Non ci si salva mai da soli.

Jessica Andrews – Acqua salata

NN Editore (trad. Silvia Rota Sperti)

L’esordio letterario della scrittrice inglese, classe 1992, è un romanzo intimo che richiama alla memoria i suoni, gli odori e le sensazioni di un’adolescenza complessa e sofferta. Acqua salata sembrerebbe unirsi alla schiera di romanzi della nuova classe di giovani scrittori – dagli echi di Claudia Durastanti e Sally Rooney – che attraverso temi spigolosi raccontano il passaggio all’età adulta. La voglia di affermarsi e l’esuberanza giovanile della protagonista di Acqua Salata, Lucy, si scontrano con la sofferenza, l’alcolismo del padre e i conflitti di classe. Il romanzo è costruito attraverso intervalli tra passato e presente, tra cui spiccano i paragrafi dedicati al rapporto madre-figlia. Lucy riconosce nella madre un legame carnale a tratti disturbante, ma che spiega bene l’intensità e la vita delle due donne. Gli ambienti si muovono da quelli ferruginosi, lenti e salati della costa irlandese a quelli eccitanti, veloci ma al contempo soffocanti di una città eccentrica e viva come Londra. I paesaggi – e il romanzo stesso – raccontano la necessità di ricostruirsi un’identità, senza farsi scivolare tra le dita un’infanzia fatta di ricordi.

Emma Cline – Harvey

Einaudi (trad. Giovanna Granato)

L’Harvey di Emma Cline non ha cognome, ma non ne ha bisogno. Si tratta di Harvey Weinstein, produttore cinematografico, condannato a 23 anni di carcere per abusi sessuali, il cui caso ha generato il movimento #MeToo. Il romanzo si concentra sulle 24 ore prima dell’udienza che lo condannerà: Harvey è un uomo debole, infastidito dai dolori e incombenze della vita quotidiana e non il feroce predatore come ci si aspetterebbe. L’uomo è l’io pensante del libro, ma che sia chiaro: questo non è da intendere come un romanzo di assoluzione. Cline racconta un personaggio di finzione, di cui ne denuncia con grande stile e scaltrezza le convinzioni sessiste e contemporaneamente ne mostra la fragilità di uomo abbandonato ai suoi orrori. Questo Harvey non suscita compassione, ma la scrittrice ne smaschera la certezza dell’impunità che è propria di chi ha sempre avuto una certa dose di potere tra le mani. Harvey sa che non verrà punito perché d’altronde s’interroga su cosa avrebbe mai fatto di male. Lo sa che funziona così, per gli uomini come lui. La realtà però racconta una storia diversa.


a cura di Fabio Mastroserio

Nicola Lagioia – La città dei vivi

Einaudi

Delitto Varani, Roma, Anno Domini 2016. Un crimine efferato, sconvolgente, apparentemente senza alcun movente. Sullo sfondo travestitismo, prostituzione, droga e una violenza che, caricata in lunghe giornate di confusione e delirio, esplode inaudita. Nicola Lagioia ci porta per le strade di una Roma cupa e inafferrabile, teatro correo di una discesa agli inferi. Trasformando un delitto in una indagine poliziesca, sociale e filosofica sulle ragioni e le radici del male, Lagioia – Premio Strega per La Ferocia – come un novello Porfirij Petrovič, alterna i piani e i registri della sua scrittura: indagine giudiziaria, reportage giornalistico, scavo psicologico e maieutico dentro le anime tormentate di tutti i personaggi coinvolti: dalle vittime agli assassini. Un’indagine, in definitiva, sul Male che riesce a portarci fin dentro le stanze della tortura e dell’omicidio, come nei meandri di menti fragili, malate e disperate e che ha, forse, la sola pecca di fermarsi sull’uscio di una vera, altissima e dostoevskijana immedesimazione con la natura stessa dell’orrore.

Rachel Cusk – Onori

Einaudi (trad. Anna Nadotti)

Ultimo e conclusivo volume della trilogia Outline della scrittrice inglese di origine canadese Rachel Cusk, Onori porta alle estreme conseguenza la tecnica narrativa inaugurata in Resoconto. Faye, alter ego dell’autrice, si ritrova nuovamente in aereo come nel primo libro – a perfetta chiusura di un cerchio – per raggiungere un convegno in una capitale europea (s’intravede la bellezza di Lisbona). Come nei due romanzi precedenti, la voce narrante si fa ascoltatrice di una moltitudine di storie che disinnescano dall’interno la forma stessa del romanzo classico, rinunciando – quasi – a una trama e a dei personaggi propriamente detti. Kudos è riflessione, ragionamento, spunto sui mille pezzi che raccoglie – qui, forse, si fa più forte e delineata la voce femminile, soprattutto riguardo alle esperienze artistiche – ma, oltre ogni altro tema, sulla natura stessa della scrittura, attraverso una prosa asciutta, affascinante, elegante, distaccata che intaglia i pensieri e le angosce altrui dentro a uno specchio finemente cesellato.

Giovanna Rivero – Ricomporre amorevoli scheletri

Gran via (trad. Matteo Lefèvre)

Raccolta inedita di quindici racconti della scrittrice boliviana Giovanna Rivero, Ricomporre amorevoli scheletri restituisce, nella pluralità delle voci e nell’unione dei temi, un affresco affascinante e intensissimo della narrativa così peculiare dell’autrice sudamericana che ci conduce, con mano salda, nei meandri angoscianti delle fragilità – come un filo nascosto a tenere insieme le storie – attraverso una descrizione immaginifica delle passioni – spesso negative e sopraffacenti – che animano le vite dei protagonisti, i ricordi del passato, i tormenti di percorsi deragliati che sono stati spezzati o sono lì, nel punto esatto del limitare di una frattura. Ed è proprio attraverso lo spettro o il ricordo di una caduta che il racconto di ogni vita diventa unico e irripetibile e – soprattutto – vero.

“Così aveva fatto il mare con loro. Li aveva distrutti senza rinunciare nemmeno per un secondo alla sua pura e bestiale bellezza, alle creste di gloria che l’acqua innalzava con una costanza inconcepibile per un essere umano”.

a cura di Federica Guglietta

Elena Varvello – Solo un ragazzo

Einaudi

Il primo romanzo di Elena Varvello che ho letto si intitola Solo un ragazzo ed è arrivato in libreria per Einaudi a settembre. Dopo di questo, credo proprio che leggerò altro di suo. Una storia che insegue i fatti e i ricordi legati a stretto giro a questo ragazzo, colpevole e senza pace, di cui persino i lineamenti sono sfocati, impalpabili, nascosti dagli anni che passano e da quel cappuccio che portava sempre calcato sulla testa. Ricordi, forse visioni che pian piano vengono svelate nel corso della narrazione e si annidano in silenzio nel profondo dolore della famiglia, in primis dei genitori (con le loro mancanze, i loro sensi di colpa), e il chiacchiericcio sommesso ma sempre giudicante degli altri, di tutta una comunità (i vicini, gli amici, tutti gli altri appunto). In Solo un ragazzo il protagonista sa scomparire eppure è sempre presente, soprattutto per sua madre e per chi legge che, pagina dopo pagina, abbraccia sempre di più lo stato d’animo del romanzo, ritrovandosi faccia a faccia con una realtà che spesso fa troppo male.

Georgi Gospodinov – Tutti i nostri corpi

Voland (trad. Giuseppe Dell’Agata)

Per ogni lettore c’è un prima e un dopo Gospodinov. Che si tratti del romanzo più conosciuto o dei racconti lapidari, c’è sempre qualcosa della sua scrittura che entra nelle ossa e non va più via. Non fa eccezione Tutti i nostri corpi, la raccolta di centotré storie super brevi pubblicata in Italia a maggio di quest’anno da Voland. Fare della vita e della letteratura un’unica cosa, con poche battute e in pochissime pagine. Questo è il manifesto che vive nei racconti di Gospodinov e guidando la sua scrittura tra passato, amori impossibili e mai finiti, vita e morte, aspettative giovanili e tempo che passa. Senza mai dimenticare quella forma di “empatia patologica o sindrome ossessiva empatico-somatica” che anche questa volta tiene per mano Georgi Gospodinov, autore e personaggio letterario, nel suo viaggio in Tutti i nostri corpi. In centosessanta pagine si ride, si piange, ci si ritrova catapultati nel passato e nel futuro, si rivivono amori e dolori, si scrivono lettere e biglietti, ritrovandoci così sempre gli stessi e mai uguali.

Fredrik Sjöberg – Mamma è matta, papà è ubriaco

Iperborea (trad. Andrea Berardini)

Pochi hanno la capacità che ha Fredrik Sjöberg di ricostruire storie partendo da un fatto, addirittura da un oggetto, e renderle uniche. Poi quest’anno, ad un certo punto, i suoi aneddoti hanno anche contribuito a sconfiggere il mio blocco del lettore, quindi non potevo sperare di meglio. Il suo ultimo romanzo Mamma è matta, papà è ubriaco, pubblicato da Iperborea a gennaio, prende spunto da un quadro che lo stesso Sjöberg ha avuto modo di ammirare ad un’asta. Si avvia così il racconto un po’ genealogico, abbastanza intricato, ma sicuramente pieno d’arte della famiglia Dich-Adler-Arosenius. Per ricostruire al meglio l’esistenza di Anton Dich, esponente della schiera dei pittori dimenticati, Sjöberg sviscera rapporti di parentela, amicizie illustri (vi dice qualcosa il nome Modigliani? Ed è solo uno tra i tanti), dolori (separazioni, morti) e tanti viaggi, anche e soprattutto in Italia. Una lettura che aggiunge tasselli a storie che prima non si conoscevano, a volti e qualità rimaste per troppo tempo al buio.


a cura di Mattia Insolia

Stephen Markley – Ohio

Einaudi (trad. Cristiana Mennella)

Ohio quest’anno l’ho letto due volte. Al primo giro me lo sono goduto, la storia, l’intreccio, le voci: intrattenimento puro. Al secondo ho cercato di cogliere i diavoletti che popolano le sue pagine meglio riuscite: le idee, i pensieri, la critica. Si è rivelato uno dei libri più belli di questo stramaledetto duemila venti, per la capacità di tenermi inchiodato alla pagina e per l’analisi che fa degli Stati Uniti. Ohio è un romanzo corale sulla periferia americana, è la storia, a tratti drammatica e a tratti comica – o forse dovrei dire umoristica -, di alcuni ex compagni di liceo che, dopo dieci anni, tornano, ognuno con le sue ragioni, nella piccola cittadina in cui sono cresciuti. È così che, in un alternarsi continuo di presente e passato, Stephen Markley, il giovanissimo autore, dà vita a personaggi che sono sia la personificazione del sogno americano che va in frantumi, sia degli eroi da tragedia greca. Una storia epica che scandaglia con profondità d’animo le zone buie dell’America contemporanea.

Naoise Dolan – Tempi eccitanti

Atlantide (trad. Claudia Durastanti)

Ho letto Tempi eccitanti perché la sua autrice viene spesso paragonata da molta carta stampata a Sally Rooney, che qualche mese fa mi ha stregato con Persone normali – Einaudi 2020. In effetti, nonostante i due romanzi abbiano poco in comune, c’è una nota all’interno della melodia narrativa di questi due libri che fa sì che possano essere accostati. E credo che questo particolare, facile da cogliere se si è capaci di cercare, risieda nelle voci delle autrici. Naoise Dolan ha ventotto anni, è irlandese e con il suo esordio ha dimostrato di avere quel che serve per potersi inserire nel discorso letterario. Ed è questo il punto di forza di Tempi eccitanti: la voce. Di narrazione ce n’è poca: la storia è il ripetersi di avvicendamenti uguali tra loro, i personaggi sono pochi e la protagonista è incastrata in un circolo vizioso di relazioni tossiche e scelte sbagliate. Eppure, il romanzo funziona bene. Profondo, in grado di raschiare la patina superficiale di noi stessi, sa su cosa puntare la propria lente d’ingrandimento.

Pajtim Statovci – Le transizioni

Sellerio (trad. Nicola Rainò)

Con una penna delicatissima, uno sguardo incredibilmente innovativo e una ricerca che ha la capacità di travolgere emotivamente e intellettualmente il lettore nel giro di poche, pochissime pagine, Statovci ha scritto un romanzo unico e con cui la letteratura europea dei prossimi anni dovrà fare i conti. L’identità non è ciò che ci definisce, piuttosto siamo noi a definirla e, così facendo, a scegliere ogni giorno chi vogliamo essere. Ecco che Bujar, il protagonista della storia, raccontando la sua vita e partendo dall’infanzia complicata e molto povera, passando per la morte dolorosissima del padre e l’amicizia con il proprio vicino di casa, si reinventa continuamente nella costruzione di una storia che è quasi un manifesto. C’è tutto in questo libro e tutto è mescolato in modo magistrale in una narrazione che, per certi aspetti, parrebbe essere la visione di un futuro nuovo.


a cura di Alessia Ragno

Ocean Vuong – Brevemente risplendiamo sulla terra

La nave di Teseo (trad. Claudia Durastanti)

Ocean Vuong è la nuova letteratura statunitense: queer, inclusiva e profondamente radicata nel fenomeno migratorio che ha costruito una intera generazione di nuovi americani. Quella di Little Dog, il protagonista del romanzo, ma di riflesso anche di Vuong, è la storia di un americano di origine vietnamita e il suo rapporto simbiotico con una madre che ha la guerra dentro, trauma infantile mai elaborato. Il romanzo è un viaggio negli Stati Uniti delle minoranze, nel sogno americano che si infrange e si adegua, senza mai dimenticare quello, altrettanto doloroso, raccontato decenni fa da due padri della letteratura americana: John Steinbeck e James Baldwin. Brevemente risplendiamo sulla terra è anche un romanzo sulla sperimentazione linguistica di prosa e parole, queste ultime mezzo designato per tracciare una connessione eterna tra un figlio e sua madre, immigrati, che lottano per diventare, finalmente, visibili anche in letteratura.

Kent Haruf – La strada di casa

NN Editore (trad. Fabio Cremonesi)

Nel 2020 della pandemia il pubblico dei lettori italiani ha dovuto salutare uno dei casi letterari più amati: Kent Haruf e la sua Holt, una eccezionale scommessa vinta da NN editore. La Strada di casa chiude, quindi, l’intera produzione di un autore che abbiamo imparato ad amare con enorme trasporto, e lo fa in bellezza conquistando tutte le classifiche dell’anno. Haruf ha scritto per tutta la sua vita con metodo certosino e forte determinazione, potrebbe sembrare una beffa il suo successo postumo in Italia, ma a volte la vita va così, lo racconta lui stesso in tutti e sei le sue opere. In questo ultimo romanzo c’è la voce narrante, Pat Arbuckle, che racconta la sua famiglia fallimentare distrutta da una vita crudele, e quella di Jack Burdette, un pigro ex idolo di Holt diventato criminale a discapito di moglie e figli. La loro vita, come quella di tutti i personaggi dei romanzi di Haruf, nasce e muore a Holt, incastonata in una terra americana sconfinata e brulla che sa di casa, pronta ad accoglierci nuovamente ad ogni lettura. Arrivederci Holt.

Bernardine Evaristo – Ragazza, donna, altro

Edizioni SUR (trad. Martina Testa)

In questo 2020 arriva in Italia, pubblicato da SUR, Ragazza, donna, altro di Bernardine Evaristo, già vincitore del Booker Prize 2019 in coppia con Margaret Atwood, una sinergia di storie personali a volte rivoluzionarie, altre volte più che ordinarie, ma sempre eccezionali e come tali presentate dall’autrice. Anche in questo caso ci si affaccia su una letteratura nuova e contemporanea, britannica in questo caso, e una scelta linguistica inclusiva e moderna, con una prosa quasi poetica e priva di punteggiatura, fatta eccezione per le virgole. Le vicende narrate sono quelle di donne britanniche nere perché lo scopo del romanzo è quello di fornire una panoramica della multiculturalità della Gran Bretagna contemporanea. Evaristo ragiona di femminismo, white privilege, identità di genere e delle conseguenze sociali ed economiche della politica contemporanea. Il tutto in un contesto colorato, vivace e in una Londra multiculturale che funge da culla perfetta per il literary activism di Evaristo.


a cura di Marina Bisogno

Alessio Forgione – Giovanissimi
NN Editore

Mattia Insolia – Gli Affamati
Ponte alle Grazie

Guadalupe Nettel – La figlia unica
La Nuova Frontiera (trad. Federica Niola)

Quali dei libri che ho letto, pubblicati nel 2020, porto con me nel nuovo anno? Ci ho riflettuto e alla fine ho scelto Giovanissimi di Alessio Forgione, Gli affamati di Mattia Insolia e La figlia unica di Guadalupe Nettel. Il tris dice molto dei miei gusti: storie comuni che diventano esperienza narrativa attraverso la lingua dell’autore, la peculiarità delle sue parole. La storia di Alessio Forgione e quella di Mattia Insolia dialogano: raccontano entrambe le vite di adolescenti cresciuti in una periferia del Sud e ci consegnano le tracce di una ricerca che ha a che fare con i tentativi di affermare la propria personalità, di stare al mondo, di distinguersi da ciò che è imbarbarimento e trascuratezza. Un’epica adolescenziale che conosco bene e che molti di voi conoscono, ne sono certa. Sono due romanzi che fanno soffrire, perché inseguono le domande dell’esistenza, e sono bellissimi perché contengono un nucleo di delicatezza, nonostante l’inevitabile violenza. La trama dei due romanzi è diversa e per Insolia si è trattato di un esordio, mentre per Forgione di una conferma che l’ha condotto fino allo Strega. Ma oltre questo, ciò che ricordo di queste due letture è l’ammirazione per la scrittura, per le parole scelte, per certe frasi minimali, scarne ma poderose perché esatte, uniche. Chi dice che la narrativa italiana è morta, dovrebbe leggere questi due romanzi. La figlia unica invece ha confermato al mondo il talento della Nettel: la scrittrice messicana ha scritto un libro fondamentale per il dibattito sugli stereotipi della femminilità e sulla sorellanza. Attraverso le esperienze delle sue protagoniste, Guadalupe Nettel rimodella l’idea della maternità come scelta obbligata per ogni donna, lasciando che la casualità della vita si insinui nelle trame delle esistenze delle sue eroine, conducendole oltre le proprie remore e paure. Immedesimarsi nei desideri, nei timori, nelle battaglie che l’autrice affida ai personaggi è facile: avviene e basta. Anche in questo caso ad affascinarmi è stato l’uso della lingua: stringata ma efficace, piena di segreti e verità. Come avrete capito, per la mia selezione ho adottato un criterio sentimentale: questi libri hanno catturato la mia testa, ma anche la mia pancia, le mie emozioni. Se li leggete, poi fatemi sapere.


a cura di Simona Ciniglio

Carlo Rovelli – Helgoland

Adelphi

«Erano più o meno le tre del mattino quando il risultato finale dei miei conti fu davanti a me. Mi sentivo profondamente scosso. Ero così agitato che non potevo pensare di dormire. Lasciai la casa e mi misi a camminare lentamente nell’oscurità. Mi arrampicai su una roccia a picco sul mare, sulla punta dell’isola, e attesi il sorgere del sole…». È l’ estate del 1925 e Werner Heisenberg, 23enne, nella spoglia e ventosa isola di Helgoland, nel Mare del Nord, dà il via a un nuovo incredibile capitolo della storia della scienza. Grazie a un’idea radicale quanto lo possono essere quelle dei ventenni, Heisenberg trae dagli oscuri salti quantistici osservati da Niels Bohr una meccanica quantistica, attraverso «un vero e proprio calcolo di stregoneria», come lo definì Einstein. Carlo Rovelli, con vivacità e amore ancora una volta ci rende possibile l’apprendimento -erotico, con Platone- di una teoria ancora per molti versi oscura, ma affascinantissima. La realtà che ci raccontano i quanti è una realtà di relazioni, dove nulla esiste se non in relazione ad altro, dove non si può prescindere da un osservatore: «Cosa ne sa la Natura se ci sia qualcuno a osservare?», dove la materia può situarsi in più luoghi contemporaneamente e i legami, come per l’entanglement, sono per sempre. Una teoria che ci chiede di fare un salto nel buio, rinunciare alla nostra idea solida del mondo, disfarci anche della rassicurante nozione di Io e accettare che il mondo non sia che un gioco di specchi. Come scrisse il Bardo: «Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e la nostra breve vita è circondata da un sonno».

Marco Ciriello – I leggeri di Nairobi

Rubbettino

Muhammad Ali Okayo ha 15 anni e corre come una gazzella. Per lui correre è come respirare, e fila tanto veloce «che la sua faccia allegra da keniano in gita» è finita su tutti i giornali. La NK americana lo vuole come testimonial per le scarpe del futuro, la Cina esige la rappresenti alle Olimpiadi di Tokyo. Nel nuovo romanzo di Marco Ciriello, I leggeri di Nairobi, “L’Africa vincente e non banale che usciva dal manifesto di Binyavanga Wainana» è solo il blocco di partenza di una storia che corre lungo quattro continenti per finire nelle pescherie di Napule. Ritmo, intrecci, dialoghi e personaggi: nessuna di queste componenti rispetta il canone letterario in voga. Un caleidoscopio di citazioni in tre movimenti per un romanzo leggero ed esigente che alterna ironia e profondità, farsa e onore per raccontare il rapporto padre-figlio, un essere nel mondo che non smarrisce nell’imperversare della commedia umana una precisa direzione e stile, un progetto invincibilmente umano. C’è il Tagore, un orologio che misura il tempo del mondo e sembra uscito da Pulp Fiction; Augusto Boetti, medico italiano brusco e dall’enorme competenza, figlio di un Alighiero; Wu Lyangyong, potente ministro per le Conquiste Sportive; Frank “B.D.” Ford: tennista che dopo l’11 settembre si arruola in Afghanistan, personaggio tra Wallace e Salinger; “Vollman”, magnate americano, un Gatsby con più ironia; «e molti altri : evocati, nominati o nascosti, che vi toccherà scovare o ignorare». «Scrivere è guardare altrove» e lo sguardo di Ciriello arriva lontano, regalandoci una storia vivacissima in cui il gioco, come per i bambini, più che serio è sacro.

Anna Wiener – La valle oscura

Adelphi (trad. Milena Zemira Ciccimarra)

Una cultura aziendale fatta di abnegazione e variopinto edonismo è quella che Anna Wiener racconta nel suo memoir La valle oscura. Resoconto dettagliato e sarcastico di cinque anni di lavoro nel tech: «l’apice, il punto di flesso o l’inizio della fine per la scena delle start-up della Silicon Valley – quel che i cinici chiamavano una bolla, gli ottimisti chiamavano il futuro e i miei futuri colleghi, inebriati dai fumi del potenziale di portata storica mondiale, chiamavano euforici l’ecosistema». Con alle spalle studi umanistici e di fronte prospettive precarie e poco gratificanti nell’editoria, Anna Wiener si sposta da Brooklyn a San Francisco, attirata dalle possibilità di crescita nel tech. Si troverà catapultata in un mondo in cui dominano ventenni che non hanno terminato gli studi, con a disposizione capitali di rischio milionari che spendono in uffici in tutto simili allo Studio Ovale, cereali e bevande, corsi di yoga, assicurazioni sanitarie e incredibili benefit per i dipendenti. Un mondo in cui gli ingegneri informatici si aggirano per l’ufficio in skateboard, non vi è distanza tra vita lavorativa e privata e i dipendenti ormai dialogano faccia a faccia descrivendo emoji per comunicare i propri stati d’animo. Nella più totale subordinazione della cultura umanistica a quella tecnologica, nella spersonalizzante rincorsa a un’identità volatile e facilmente sostituibile e nel forte sessismo che caratterizzano l’ambiente, Wiener troverà delle ottime ragioni per sganciarsi daIla bolla insana e surreale che la circonda, per tornare, forte di un gran racconto, alla sua passione: la scrittura. E a quanto pare non le è andata malaccio. A livello di inquietudine da big data La Valle oscura è simile a ogni altra pubblicazione che tratti l’argomento, da ultimo il documentario The Social Dilemma. Ma forse un po’ di più: da quando l’ho letto ho applicato un pezzetto di carta, attaccato con lo scotch, alla videocamera del mio portatile.


a cura di Giovanna Taverni

Roberto Bolaño – L’Università Sconosciuta

Edizioni SUR (trad. Ilide Carmignani)

Non ci stanchiamo mai di ripetere come la poesia sia il primo sussulto che agitava l’anima sconquassata di Roberto Bolaño, la possibilità selvaggia, il cuore della faccenda. E allora per i bolañiani di ferro questa raccolta dell’opera poetica dello scrittore cileno è un amuleto magico da cui sprigionano parole, eroi minori, versi e occasioni. È questa L’Università Sconosciuta, l’urto della giovinezza terribile, un cognac da bere soli e ubriachi al tavolo di un bar, il ricordo della bambina cilena che “balla da sola su un sentiero di ghiaia”, sdraiarsi sulla spiaggia a leggere. L’apparizione improvvisa di immagini che hai già trovato altrove nell’immensa opera di Bolaño, e ora sono qui – anche qui – brevi e luminose come lampi che per un attimo ti riscaldano, e rimescolano dentro. Le poesie di Roberto Bolaño sono il quaderno visionario degli esercizi di parole dello scrittore, quel posto magico dove si va a prendere la poesia per giocarla e poi sbatterla dentro opere massimaliste come tentativo di nuovo linuguaggio. Una traccia gettata al mondo.

Karl Ove Knausgård – In autunno

Feltrinelli (trad. Margherita Podestà Heir)

Di Karl Ove quest’anno in Italia è uscita la fine della sua lotta, e pure l’inizio di questa quadrilogia illustrata sulle stagioni dedicata all’ultima nata e alla scoperta del mondo che là fuori la aspetta. Così, nell’abbandonare la lotta barbara alla ricerca di un tempo perduto dove la notte e i giorni scandinavi prendono il posto di Combray e Balbec, e Albertine trasfigura in Linda, Knausgård ci accompagna a nominare le cose, tornando alla parte più pura del linguaggio, giù a fondo nel cuore dell’uomo naturale e primitivo che si carica di meraviglia ma a volte fa pure a botte col mondo. Quel che è certo è che – sia preso dal cambiare pannolini, o si metta a dissertare di arte e oggetti e frutta – è sempre un piacere leggere Knausgård.

Osip Mandel’štam – Epistolario, Lettere a Nadja e agli altri

Giometti & Antonello (trad. Maria Gatti Racah)

Nadik, Njakuska, Nadicka, Nadin’ka, Nanusa – la collezione di nomignoli che Mandel’štam alterna per chiamare Nadežda dentro le sue lettere è ricca di spericolata inventiva. Sfogliare questo epistolario è fare un viaggio dentro il cuore luminoso del poeta, nelle lettere ritroviamo la fatica di vivere e il combattimento delle giornate, l’arte della dissidenza alle società di scrittori e traduttori, ma pure la bellezza che sta nel gioco e nel giocarsi, e nonostante tutto. C’è spazio anche per l’ultima lettera di Nadežda a Osip – lei, la voce omerica del novecento che a forza di ripetere a memoria i versi del marito ce li ha tramandati prima che li facessero a pezzi, prima che fossero sbranati dalla Storia; c’è spazio per la visione acmeista della “vecchietta” (Anna Achmatova), che se ne sta “straiata sul divano, allegra ma raffreddata” a casa dei Punin; c’è spazio per la mai resa volontà di libertà di Mandel’štam, per la sua incapacità di sottomettersi al tempo. Questa edizione dell’epistolario di Mandel’štam è una di quelle piccole cose preziose e sommerse che ti capitano tra le mani di tanto in tanto; e allora nella sconfinata ansia contemporanea è bello respirare lettere dal tempo perduto, che siano quelle di Gramsci e Mandel’štam, o di un antenato del vecchio vicino di casa. Perché eravamo così belli quando scrivevamo a mano.


 

a cura di Nunzio Bellassai

Nikos Kazantzakis – Odissea

Crocetti (trad. Nicola Crocetti)

13 anni e mezzo di lavoro, 24 canti, 33.333 versi. L’opera di Kazantzakis è un’impresa epica, racconta le avventure di Odisseo dove il precedente omerico si era interrotto. Un viaggio inatteso, attraversato dalla visione filosofica e religiosa dell’autore, lo porterà fino in Sudafrica, a incontri inaspettati, con Elena, Menelao, persino con Gesù. Superuomo e asceta, paziente e subdolo, Odisseo rivela in quest’opera il suo lato più umano, con un profilo psicologico inatteso, assai più profondo, che ribadisce la sua natura errante e inquieta. Un eroe figlio del Novecento.

Andrea Camilleri – Riccardino

Sellerio

Il romanzo che conclude l’appassionante ciclo delle indagini del Commissario Montalbano, l’addio di Camilleri al mondo di Vigata. Montalbano, ormai stanco e consumato dalla senilità, ma senza smarrire il suo impegno etico e professionale, si trova a dover affrontare un nuovo caso e la vittima è proprio Riccardino, che dà il titolo al romanzo. L’ultimo capitolo di Montalbano porta con sé un omaggio a Pirandello. Camilleri distingue nella trama autore, personaggio letterario e televisivo, sceglie di concludere come aveva cominciato, con la leggerezza e l’ironia del linguaggio metaletterario, donando l’immortalità al suo personaggio più amato e detestato.

Zadie Smith – Grand Union

Mondadori (trad. Silvia Pareschi)

Vent’anni dopo il successo di Denti bianchi, Zadie Smith torna con una raccolta di racconti. Le differenze etniche, di classe, il racconto della contemporaneità con i suoi problemi e le sue contraddizioni emergono con spinte narrative audaci. Tra novità linguistiche e punti di vista spiazzanti, Zadie Smith non smette di raccontare la realtà attraverso l’accostamento di tessere che insieme formano un puzzle sorprendente, in cui ognuno si può rispecchiare.