Ritorno più che gradito questo degli M+A, al secolo Michele Ducci e Alessandro Degli Angioli, ad un paio d’anni di distanza dall’ottimo esordio Things.Yes e ancora una volta sotto l’egida della londinese Monotreme Records, etichetta che sembra puntare con forza sull’ispirazione del duo forlivese in un’ottica di respiro internazionale. E ciò che forse maggiormente risalta nell’ascolto di These days è proprio l’assenza di provincialismi, l’utilizzo di schemi musicali magari non inediti ma dall’impronta decisamente (mi si passi il termine, qui privo di accezioni negative) commerciale: dream pop in cui l’elettronica si fa meno criptica che in passato, per aprirsi senza remore ad influenze soul, funky e R&B, lasciate penetrare sotto pelle in una scrittura evolutasi, ma rimasta inalterata nella sua piacevolezza.
Che si tratti di momenti “ballabili” o dall’indole più intimista, le undici tracce di These days scorrono via in un alternarsi di stati emotivi ora intimisti, ora più colorati e leggeri, mantenendo però sempre saldi i tratti compositivi di fondo: così, se brani come “When”, “Down the west side” e “New York There” si aprono a scenari festosamente estivi, con i loro contagiosi ritmi solo in parte macchiati da una certa somiglianza l’uno all’altro, episodi come “Game” e “L.E.M.O.N.” si calano con successo in una dimensione più vicina alla suadenza della musica soul, talvolta richiamata anche con inserti vocali di chiara derivazione black (“Freetown solo“, “Midnight radio”, o la stessa “New York There“, per esempio).
Le diverse sfumature della musica degli M+A trovano ulteriore sfogo nelle cadenze anti-folk un po‘ sbilenche di “Slow“ e soprattutto di “B Song”, in cui è facile ravvisare l’influenza del miglior Beck, prima di ricadere nell’ipnosi di pattern ritmici di fronte ai quali difficilmente si riesce a rimanere immobili (“Practical Friday”, “De-light”).
Con These days, gli M+A sembrano così fare un passo in avanti verso la definizione di uno stile proprio più marcato e per certi versi più vario rispetto agli esordi, seppure arricchito di elementi che talvolta scivolano nel già sentito.
Un’evoluzione che, dopo vari ascolti, apparirà come un naturale proseguimento nel percorso della band, con il piglio e le potenzialità giuste per un approccio ancora più diretto al pubblico internazionale.