4 Maggio 2012
Cellar Theory, Napoli
Metti un venerdì sera a Napoli, tra le mura rosse della solita, accogliente cantina (quella che secondo qualcuno sembra uno di quel posti descritti nei libri di Chuck Palahniuk), gremita di gente per l’occasione, traspirante sudore e impazienza. Anche il cantante della band che sta per esibirsi sembra apprezzare il posto e lo dirà più volte durante il live. Lui è Jonathan Clancy, canadese di nascita, italiano per condizione, musicista per passione: un passato tra His Clancyness e Settlefish, ad arricchire la storia della musica indipendente dell’italica penisola. E’ qui stasera col suo progetto più apprezzato: A Classic Education, da Bologna. E’ bene ricordare da dove si viene, è importante perchè aiuta a capire il valore di ciò che si fa e, anche perchè, di italiano gli ACE hanno davvero ben poco. Se uno non te lo dicesse, penseresti che sono una band di Toronto, venuta in Italia a presentare il suo primo disco: un “road record” che trasuda strada e avventura da tutti i pori. Storie di amicizia da consumare mentre si attraversa in moto una qualunque highway americana. Salgono sul palco a mezzanotte, impugnano gli strumenti e il loro viaggio di sudore e polvere finalmente prende vita, subito fuori i classici da Work it out a Place a bet on you, passando per il singolo Baby, it’s fine e l’ariosa Gone to sea. Il rockabilly che si mischia ai suoni della new wave e si fa canzone pop. Sembra quasi di essere catapultati in un club della Chicago degli anni cinquanta ad ascoltarli suonare. Esecuzione perfetta, nessuna sbavatura, tanta precisione e cura dei dettagli. La sincopata Forever Boy valorizza la linea di batteria e gli intarsi di chitarra, in I lost time sono le tastiere a disegnare voli eterei dai colori pastello, mentre la sbarazzina Billy’s Gang Dream mette voglia di muoversi e ballare.
Dal vivo gli A Classic Education appaiono una band matura, fatta di musicisti veri, che mostra di aver fatto una gavetta non indifferente, lasciando il sudore sui palchi di mezzo mondo, dai tour americani all’esibizione al Primavera Sound 2011. Musica italiana da esportazione, ma soprattutto di qualità, tra schitarrate western, ritmi cadenzati, e code noise. In scaletta quasi tutti i brani che compongono “Call it blazing”, primo vero album ufficiale della band. Fatto sta che a conclusione del live canonico, il pubblico in sala ne vuole ancora e allora ai nostri non resta che sbizzarrirsi in un bis in due tempi. Molto riuscita la trascinante cover di Li’l Red Riding Hood di Sam the Sham & The Pharaos, che insieme alla dolce malinconia di Terrible Day chiude il live.
Era la prima volta a Napoli per loro, ma a giudicare dai commenti sul palco tra un pezzo e l’altro, il feeling con il posto si è creato eccome. Speriamo di vederli ritornare al prossimo giro con ancora più energia e più canzoni da suonare.