Il ritmo al centro. Il presupposto è questo, tutto ciò che ci gira intorno è un contorno, uno strumento per raggiungere il nirvana del groove, con tutti i musicisti che contribuiscono in modo armonioso ad arrivare a quel punto di non ritorno in cui il corpo risponde in modo istintivo solo e soltanto alla musica. Le vibrazioni del basso che si impadroniscono prima della testa e del petto e poi si fanno strada fino ai piedi, con gli accenti sottolineati da chitarra e tastiere che ci colpiscono come punture di zanzare afrodisiache, il tutto ovviamente alimentato dal motore inesauribile della batteria, puntuale ed ipnotizzante come la locomotiva di un treno. In fondo il gruppo (collettivo?, progetto?) funk Vulfpeck è questo, e scusate se è poco.
Anomalia perché i Vulfpeck hanno creato una specie di universo parallelo nel quale far vivere la loro musica, grazie anche e soprattutto ai video in stile lo-fi che accompagnano le canzoni, o al suono “sporco” delle registrazioni, che non nasconde affatto che il tutto avviene dal vivo in presa diretta. Un’estetica che in realtà è incredibilmente antitetica al genere musicale che i quattro suonano così bene: facce sbarbate da adulti-bambini o con barbette hipster , colori pastello, maglie a righe ed occhiali da nerd, melodie “inoffensive” ma catchy ed atteggiamento giocoso al limite del demenziale, non propriamente le prima caratteristiche che vengono associate al genere. Allo stesso tempo tutto è però terribilmente funk, grazie soprattutto al talento più cristallino del gruppo, quel Joe Dart che al basso fa così tanto fuoco e fiamme da diventare quasi un meme vivente (che nel 2017 equivale ad un’investitura importantissima).
C’è una creatività in ciò che questi quattro simpatici fenomeni fanno che è impossibile ignorare, facile è prendere d’esempio il modo in cui hanno finanziato il primo tour nel 2014, dopo aver già pubblicato quattro album senza un grande riscontro commerciale. In pratica non sapendo bene come fronteggiare la mancanza di soldi per il tour, e in generale insoddisfatti dalle vendite dei lavori precedenti, il quartetto ha congeniato un progetto chiamato Sleepify, che come lascia intuire il nome si compone di dieci tracce completamente silenziose “perfette per conciliare il sonno” (dai nomi indicativi come Zz, Zzz, Zzzzz) secondo il lancio commerciale dell’album. Sì – commerciale, perché l’album è stato venduto online regolarmente, con un costo irrisorio per ogni traccia ma che ha permesso al gruppo di racimolare ben ventimila dollari. Come è facilmente intuibile, oltre al tour i nostri hanno trovato il vero tesoro nel tornaconto pubblicitario di una iniziativa così bizzarra, visto anche che Spotify si è sentito “offeso” ed ha tolto l’album silenzioso dal suo catalogo dopo un mesetto.
Stratagemmi a parte, la sostanza come ho già detto c’è, ed è tanta. Certo, non parliamo di musica che brilla per originalità, non è assolutamente quello lo scopo del progetto che piuttosto sembra votato a realizzare un vuoto temporale in cui gli anni ’70 non sono mai passati. Il senso dei Vulfpeck è qualcosa di molto vicino ai video ASMR (“risposta autonoma del mediano sensoriale”), ovvero suoni o sensazioni visive che provocano in noi un senso di appagamento e rilassamento estremo, vicino all’orgasmo mentale.
Provare per credere: metter su un video dei loro nel mezzo di una giornata stressante è meglio della meditazione. I colori delicati e cromaticamente soddisfacenti delle clip, le vibes incredibilmente rilassate e giocose che ogni membro del gruppo trasmette insieme a piccoli “scherzi” e trovate demenziali infilati qui e là fanno sì che ci si ritrovi prima di subito con un sorriso stampato in faccia, stravaccati sulla sedia in una posa che fa male alla colonna vertebrale ma bene allo spirito.
Ovviamente questi elementi sarebbero nulla senza la musica, che ne condivide alcune caratteristiche; così come le tonalità cromatiche sono affatto aggressive ma anzi ispirano calma e soddisfazione,anche a livello musicale le composizioni sono sempre “soddisfacenti” armonicamente e ritmicamente, sotto questo punto di vista spesso più vicine al Jazz ed al Soul che non al Funk. La parte social è poi fondamentale per loro, che intrattengono un rapporto il più possibile diretto attraverso di essi con i fan, pubblicando spesso anche tutorial dei propri brani, o video dal contenuto quasi esclusivamente comico.
Il 7 Novembre uscirà il loro nuovo disco, che sembrerebbe andare sempre di più in questa direzione sonora più “morbida” e concedere più spazio anche a diversi ospiti ed in particolare alle voci. Sono giù usciti tre singoli accompagnati dai “soliti” video.
Sarà curioso vedere in futuro come si evolverà il tutto, intanto i Vulfpeck si godono una meritata popolarità (in America oserei definire quasi celebrità), conquistata anche sul palco grazie ad esibizioni infuocate ed impeccabili, che han fatto sì che da qualche tempo a questa parte tutte le date del tour siano andate sold out in tutte le città. Direi che ne han fatta parecchia di strada dai tempi dell’autofinanziamento tramite dischi silenziosi.