continente, sogno, metropoli, lavoro, disillusione, tramonto.
Questa era la New York a lungo sognata, questa terribile rete di scale di sicurezza. Questa non era la New York che avevamo tanto sognato, la città così cara alla fantasia, così accarezzata fra tutte le speranze che un uomo può concepire: questo sogno di chi non sogna, il rifugio di chi non ha casa, questa città impossibile. Il miserabile panorama che avevamo davanti agli occhi era quello di una delle più grandi città del mondo.
L’Altra America, quella sporca, fervida di storie, che forse è rimasta identica al sogno per cui era partito Emanuel Carnevali nel 1914. Il sogno, che poi si trasforma in un incubo non appena giri la copertina o il vicolo fra Nassau Street e Broad Park Road, dove la miseria ti sommerge, seguendo l’infernale itinerario di inizio secolo fornitoci da Il primo dio. Non è cambiata, in fondo, l’America. Quella che si credeva la democrazia più forte del mondo ha aperto gli occhi sulla realtà del suo sistema scricchiolante, che affama per saziare obese famiglie da pubblicità via cavo, che se non mangi vieni mangiato, fino a raffigurare la propria la paura e il nonsense nella figura del proprio capo di stato e scambiare il Make America Great Again come un ritorno al far west, in cui ognuno può farsi giustizia da solo e l’unica risposta al fuoco sembra costruire ancora un altro centro commerciale, ancora un’altra pompa di benzina. Così vasta, lunga come le sue autostrade, ma a tratti immensamente piccola, quando smette di percorrersi, questa America.
Certe vie erano come le autostrade del Paradiso, altre come i vicoli bui dell’Inferno. Il proibizionismo non serviva assolutamente a nulla, perché l’arsura a New York si trasformava in attività febbrile. Aveva bisogno di bere. New York, l’affamata, la poverissima, la più giovane città del mondo, è il reale avvento della gioventù.
Certi di noi, se non tutti, hanno guardato dall’altra parte del continente con un senso di speranza, le cento lire, siamo rimasti sempre lì, imbottiti di sogni e linguaggi che abbiamo assorbito fino all’ultima goccia, e ci siamo sentiti così gonfi, ubriachi di acqua, quando abbiamo capito che si è sempre trattato di uomini come noi, di sognatori alla ricerca del romanzo perfetto per raccontare la propria nazione. All’orecchio della malinconia, dello specchio infranto di un’illusione ci parla Giovanna Taverni, in un lucido memorandum su ciò che può accadere, anche nei mondi a cui guardavamo un tempo con più speranza. Dalle folli corse alla liberazione più estrema, dai quartieri di Central Park e l’odio, quello più vero, fra razze e culture, fra uomo e metropoli. Il grande romanzo Americano, di cui ci parlano Francesco Chianese, Veronica Ganassi e Ilaria Del Boca, dei suoi orizzonti e delle sue rivoluzionarie forme di trasmissione di un’esperienza individuale, un urlo che attraversa epoche, guerre e povertà differenti.
Il fatto che gli eroi di questa America volteggiano fra i palazzi di Hell’s Kitchen o crollano dagli alberghi di Memphis, si riassumono nelle note di qualche canzone che diventa folktale senza saperlo, tanto la sua fiamma non si spegne. Nina Simone, ci racconta Alessia Melchiorre, forse perché arriva un tempo in cui diventare un’icona si trasforma in una necessità precisa per il proprio popolo, che non è un colore, ma un’appartenenza. Un filo sottile, che ci porta alla monumentale descrizione dell’uomo americano di Paul Thomas Anderson, ripercorsa da Fabio Mastroserio, circostanze che insistono sul fatto che l’altro di cui tanto siamo ossessionati non sia altro che qualcuno che abbiamo volutamente conosciuto poco, per lasciarci un dubbio, su quello che potrebbe essere.
L’altra America, nel suo lungo evolversi raccontato dal Mixtape U.S.A. Today (2010-2018) a cura de La Totta, ci riporta in fondo a quel paese, così amato, così lontano, che vorremmo fosse come noi l’abbiamo sempre vissuto.
Editoriale a cura di Francesco Pattacini
Progetto grafico di Lorenzo Pasquinelli
Guida all’orientamento nella Cover Story L’Altra America:
Un viaggio chiamato “grande romanzo americano”
Paul Thomas Anderson – Il genio nascosto del cinema americano
Se l’America si scopre imperfetta
La storia Afroamericana nella voce di Nina Simone
Mixtape U.S.A. Today (2010-2018)