I Fidlar (acronimo di Fuck It Dog, Life is a Risk) sono una delle band più indisciplinate che il mondo punk rock americano ha prodotto negli ultimi anni. Con all’attivo due album, Too e FIDLAR, si sono da sempre distinti per la loro etica DIY e il legame con la cultura dello skate e del surf (da cui il significato del loro nome). Abbiamo fatto qualche domanda a Zac Carper, voce e chitarra della band, in attesa di poterli ascoltare live al loro ritorno nel nostro paese all’Acieloaperto di Cesena.
Vinci due biglietti per il concerto dei Fidlar!
D: Non vi vediamo in Italia dal 2013, era il tour del vostro primo album e ci trovavamo di fronte una giovanissima punk band che saliva sul palco con la stessa carica e sfrontatezza con cui si abborda una ragazza sconosciuta a una festa. A distanza di 5 anni cos’è cambiato nelle vostre vite e nel vostro modo di approcciare i live?
R: Ci approcciamo ancora così ai concerti dal vivo, come faremmo in una festa in casa o nei posti piccoli. Siamo diventati più vecchi ma cerchiamo ancora di avere la stessa energia di una volta. Cinque anni fa si trattò di un viaggio interessante, ma nulla è cambiato dentro di noi, continuiamo a provare a suonare la stessa musica rumorosa e insopportabile.
Too e FIDLAR appena usciti erano degli spacciatori di energia e, dopo qualche anno, continuano a far scatenare il pubblico di tutto il mondo. Sono come pillole che trasformano le persone, degli interruttori per far iniziare la festa. Anche a Cesena accenderete l’interruttore Fidlar e ci travolgerete con la vostra energia?
Sì, dovrete aspettarvi la stessa forza, una delle cose più belle dei nostri live è che le persone non possono proprio alzare i loro iPhones per registrare il concerto perché ci sono troppe persone che pogano e impazziscono. Amiamo far perdere la testa al nostro pubblico.
In Alcohol, il vostro ultimo singolo, a un certo punto cantate: “I love waking up in some random’s home”. La trovo un’immagine davvero molto divertente e in cui mi sono riconosciuto. Mi ha fatto tornare indietro agli anni dell’università in cui ci si viveva ogni serata come se fosse l’ultima.
È proprio quel certo tipo di sensazione che provi quando ti svegli su un parquet duro dopo aver usato un tappeto come coperta e ti sembra di avere la testa piena di elio. Sei semplicemente in una sorta di bolla di felicità e ti ritrovi senza preoccupazioni, di quando sai di esserti divertito e sei certo di aver fatto qualche stronzata ma non ricordi esattamente quale. Ti svegli, vai fuori e trovi una birra a metà, mozziconi di sigarette, cenere e sei pronto a ricominciare un altro giorno pieno di errori.
La vostra musica può essere vista come una sorta di antidoto contro la scomparsa del rock. Si sente dire spesso che il rock è morto oppure che il punk è solo una moda adolescenziale. Ormai l’immediatezza del punk e del rock ‘n’ roll è stata soppiantata dalla trap e dall’hip hop, dalle basi campionate e le voci modificate con l’autotune. Le care vecchie idee DIY, lo skate, le birrette in lattina e le macchine di quarta mano scassate sono state soppiantate nell’immaginario giovanile dalle catene d’oro, alcolici costosi, cocaina e dalle Lamborghini. Voi come vi confrontate con questo nuovo scenario?
Credo che la gente dica troppo spesso che il rock ‘n’ roll è morto o che i rappers e chi fa hip hop siano le nuove rockstars. Sono convinto che qualche volta possa essere anche vero ma penso ci sia spazio per entrambe le versioni. Se l’hip hop e la trap sono ciò in cui ti immergi meglio, è giusto che tu lo faccia. Il rock ‘n’ roll si evolve. Il punk rock si evolve. Magari si è evoluto così tanto da essere diventato trap ed essere rimpiazzato con catene d’oro e cose simili. Non sono mai attratto dalle cose che brillano e, allo stesso modo, la maggior parte delle altre band. Penso che la filosofia DIY sia, in questo momento, più forte di quanto non sia mai stata.
Parlando del cambiamento di gusti, nel panorama rock sembra che da qualche anno sia in atto una sorta di revival anni ’80, un ritorno ai sintetizzatori e alla dance music. Voi siete nati nel 2009, ormai quasi 10 anni fa, in momento storico in cui il punk e il garage rock andavano fortissimo. Cos’è cambiato per voi nel panorama musicale? Pensate che oggi sia fisiologico seguire questo trend anni ’80 oppure avete scelto di combatterlo creando delle alternative?
Tutto è ciclico. Le cose arrivano e scompaiono, come le mode. Il suono è soggettivo, quello che una persona pensa suoni bene per un’altra, magari, non è così. Credo che tutto si limiti alle canzoni. Di cosa si parla e a cosa è riferita la storia. Siamo sempre stati concentrati su quello, nel rendere il suono delle cose semplici e divertenti ma, allo stesso tempo, cercare di comunicare qualcosa di più profondo nei testi.
Ogni album racconta una storia. Ogni lavoro in studio porta con sé delle sofferenze, delusioni, vittorie, conquiste, momenti felici e altri drammatici. Tutto ciò che succede prima di andare in studio in un modo o nell’altro viene inciso. Se questo è vero, mi sembra che in FIDLAR, il vostro primo album, emerga la sfrenatezza, l’abuso di sostanze, i festini, le sbronze, l’immagine di un periodo confuso ma positivo della vostra vita. In Too, invece, si percepisce una consapevolezza maggiore, come se aveste voluto fare i conti con il passato, con gli errori fatti per intraprendere un percorso di pulizia, come se scrivere quelle canzoni e suonarle dal vivo fossero una terapia, una cura. Il vostro futuro invece come sarà?
Siamo tutti estremamente eccitati dall’idea di far uscire qualcosa di nuovo, pensiamo che il cambiamento sia positivo. Farlo, però, è anche una delle cose più difficili per una band. Un sacco di persone e di fans non voglio veramente che tu cambi. Preferiscono, spesso, che tu continui sulla linea che apprezzano. Siamo esseri umani che, come tutti, crescono e si evolvono. È fondamentale non dare troppa importanza a ciò che le persone vogliono e fare, semplicemente, ciò che si vuole fare perché, alla fine del giorno, rimani da solo, non hai il controllo su ciò che pensa la gente quindi fanculo, credi in te stesso e lascia che il resto vada a farsi fottere.