«Non voglio che la mia musica sembri attuale. Se è così, è perché sono stata io a definire il nuovo “attuale”».
Con la somma schiettezza di chi è consapevole del proprio successo, Claire Boucher – attenzione a non chiamarla Grimes, perché quella è tutta un’altra storia (di cui parleremo dopo) – spiega così uno dei credo della propria produzione artistica. Che si tratti di un personaggio astratto dal panorama musicale degli ultimi dieci anni è evidente, ma che tipo di personaggio sia non è ancora perfettamente chiaro.
In ogni intervista rilasciata, la Boucher del Canadà dice di aver imparato la musica da sola, seguendo il proprio istinto e la convinzione di essere molto meglio di quanto gli insegnanti avuti negli anni passati avessero creduto. Così, con la nonchalanche del rapsodo avvezzo all’epicità di poemi impensabili, racconta di essersi chiusa nella sua camera per nove giorni senza cibo, nutrendosi solo del proprio genio, e di aver sfornato (con la stessa nonchalanche) Visions, che a dirla tutta è proprio un bell’album.
Che sia anche una ragazza in apparenza piuttosto antipatica è altrettanto evidente, soprattutto quando sostiene di aver reso Grimes appetibile per i comuni mortali («for humans» letteralmente). Parla di sé come di uno scienziato intrappolato in laboratori di osservazione per misurare lo scontro tra ciò che lei stessa ha creato in risposta ad un’assenza nel mondo reale, cioè Grimes, e ciò che invece esiste solo nella sua mente, cioè la sua incontrollata, sfacciata espressione creativa.
Claire e Grimes, nelle parole di chi ne ha l’esperienza in prima persona, hanno quindi due identità ben distinte. Se Claire è la giovane weirdo che ha deciso di privarsi di ogni cosa che la rinchiudesse fra i limiti della normalità, Grimes si mostra come un più morbido canale di comunicazione con un pubblico ormai di ampia portata. A questo proposito, per quanto la giovane produttrice (annata ’88) abbia sempre un atteggiamento molto ambiguo nei confronti della reazione del mercato, è innegabile la ricerca di approvazione che la spinge a condividere un mondo altrimenti confinato tra i suoi giochi mentali.
Forse per questo Grimes risponde benissimo, meglio di molti altri progetti, alla richiesta degli ascoltatori di oggi e, soprattutto, di domani. È sempre un passo avanti e, prima che possiamo capirlo, ha già precorso un’altra mediocre tendenza che sperava di essere parte stabile di una pop culture in continua evoluzione.
È probabile che la straordinarietà del personaggio di cui abbiamo parlato risieda nella capacità di comprendere proprio i meccanismi di questa stessa pop culture quasi impossibile da definire e circoscrivere. Averne letto l’informità, l’espansione, la cromatura cangiante permette a Grimes (e a Claire) di non suonare mai come qualcosa di già sentito e sempre come qualcosa di esattamente contemporaneo.