Parigi The Passenger Iperborea
Letteratura

Parigi è una leggenda

Per tutta l’epoca moderna, Parigi, più di tutte le città del mondo, è stata una direzione circolare, da cui tutto partiva e in cui tutto arrivava. Geografica, politica, artistica, civile e architettonica. Tutte intersecate e cresciute insieme, dall’espansione dei boulevard per impedire la formazione delle barricate dopo la rivoluzione su cui visse Proust, ai nuovi edifici culturali come il Centre Georges Pompidou che si trasformano in metaluoghi della modernità. Parigi è un laboratorio a cielo aperto in cui la storia accade, ogni giorno e ogni ora, che impregna i ciottoli del Marais, colora le arcate delle sue chiese e riempie i suoi café. Lo splendore e l’abbandono si mescolano a Parigi nel fatto poetico di Baudelaire e Rimbaud, nel naturalismo di Zola che si sposta dal centro alle zone oltre gli arrondissement. La storia è stata spesso inclemente con Parigi, cuore pulsante dell’Europa e isola felice di tutta la Francia pur essendone a tratti aliena.

Per chi vive a Parigi questa sua magia, ben oltre la città dell’amore e la Tour Eiffel, diventa quasi una maledizione, lo sguardo vuoto dell’assenzio di Manet, vuoto perché spesso traboccante, vuoto perché fatti di confini sottili e invisibili che portano storia e modernità, lusso e decadenza a convivere, a volte dentro, a volte fuori.

Una città è un organismo complesso, vivo e cangiante, e Parigi, come tutte le capitali, non fa eccezione. Lasciatela per qualche tempo, fatevi ritorno nuovamente e, come con un amico che non vedete da molto, la riconoscerete alla prima occhiata pur notando le rughe o il nuovo taglio di capelli.

T. De Ruyter, Gli effetti Beaubourg.

Parigi è una città in cui si ripensano e si riflettono costantemente presente, passato e futuro, in cui il confronto con la storia impone una costante sfida, mentre le richieste della modernità si fanno pressanti. Teatro di rivolte è qui che si tracciano le parti di quello che noi, in Italia, spesso ci ritroviamo a replicare o a seguire una scia. Parigi è, essenzialmente, una leggenda, che una volta che si mescola nel vino e nel sangue non ti si toglie più.

Non serve una mappa per Parigi perché perdersi è probabilmente il modo migliore per scoprirla. Perché è così ricca che anche con un tour dettagliatissimo fatto di sightseen rossi e orripilanti, qualcosa rimarrà sempre indietro. Non serve una mappa perché Parigi è uno spirito e, per scoprirla, servono le persone. Serve comprendere la sua modernità per dargli un’interpretazione, per quanto mutevole, che racconti il suo umore. The Passenger, nel suo numero di Parigi, va alla ricerca di questi sentimenti, dei nuovi cuori che stanno mutando la città e, loro, con lei. Ci troviamo fra le mani un atlante, come in tutti gli altri numeri dedicati da Iperborea ai nuovi viaggiatori, sui sentimenti che guidano e si raccontano come parte viva della città, della nazione, del tempo.

I numerosi saggi che compongono il numero su la ville lumiere ci guidano alla scoperta e alla demitizzazione dei suoi strati più immediati. Indagano sotto la patina da copertina della donna parigina, un mistero ormai più cinematografico e di marketing che poco rispecchia una realtà complessa, distante e trasformata in cui si fondono i femminismi di oggi, che rivendicano la propria identità. Se la parigina continuerà a esistere sui vostri profumi, sono gli sguardi delle donne francesi, oggi, a moltiplicare il racconto complesso e sfaccettato di una femminilità che non accetta più una definizione stabile pur inseguendo i tratti della parigina modello.

Parigi è fatta di mèlange, chiari ed espressi nelle sue architetture sfaccettate, e nelle nuove generazioni non più migranti che ridefiniscono il concetto di appartenenza alla Francia, ripercorrendo il legame con le proprie origini per riscoprire il carattere francese per eccellenza che accomuna i giovani asiatici con i gilet gialli, quel senso di rovesciamento popolare in cui coesistono libertà e liberazione:

Queste proteste, questo spirito rivoluzionario è questo che mi rende francese. In Francia ti integri nel momento in cui ti senti autorizzato a criticare, soprattutto lo stato i l governo. […] Per noi cinesi francesi non è come per i cinesi italiani o i cinesi spagnoli […] Noi pensiamo che i nostri figli e i nostri nipoti vivranno una vita normale in questo paese, quindi dobbiamo per forza far cambiare le cose.

Fuori dall’ombra, T. Aw

Integrazione e identità sono termini che ricorrono più volte lungo le pagine di questo The Passenger, che si tratti della definizione della propria cultura rimodulata secondo canoni di dandysmo (Sapologia/e, Cieriez – Mamba), o che si tratti di venire assimilati, con la rabbia con i denti, al contesto della capitale pur provenendo dalla provincia (La sindrome di Parigi, B. Rinkel).

Un’attitudine che si rivede fra i tavoli dei ristoranti di alta classe e quelli della bistronomie di Cammas, a cui ci introduce Tommaso Melilli, l’autore più bourdainiano della nostra generazione, partito per fare lo chef che si è improvvisamente ritrovato ad assistere alla nascita e alla morte delle gastronomie di quartiere che, nel bene o nel male, hanno ridisegnato i quartieri della Paris Droite, fondendo culture, unendo tavoli e bicchieri per poi diventare l’ombra di se stesse e inaugurare un tipo di gentrificazione vorace.

 

Alla fine degli anni Novanta è quasi troppo facile scherzare sul fatto che la Droite e la Gauche, a Parigi, sono proprio capovolte, perché il nord (la Rive Droite) è multietnico, fluido, creativo e progressista, mentre il sud (la Rive Gauche) è bianco , anziano

 

Parigi è una sindrome, Parigi è un immaginario, Parigi è, essenzialmente, un segreto a cui non sapremo mai rispondere e che alimenta ancora di più questo suo fascino unico. Forse perché, come raccontava chi la città l’ha descritta direttamente dalle sue viscere Parigi cambia! ma nella mia malinconia, niente muta! ponteggi, blocchi, nuovi edifici, vecchi sobborghi, tutto diventa allegoria e i miei cari ricordi più duri delle selci.