Inserendo le parole che compongono il nome di questo progetto in Google translate, la lingua rilevata automaticamente è il francese (quindi deduco da profano che la pronuncia dovrebbe essere una specie di Chi du nuàs) ed il traduttore semiletterario automatico traduce il tutto come “pontile del rumore” (sì, noise anche in francese vuol dire rumore). Il progetto però è italiano ed composto da due musicisti e producer lucani di stanza a Bologna, Pasquale “Pale” Ciciriello e Matteo Russo. I due dopo trascorsi post-rock ma anche nell’elettronica di stampo più techno decidono di dar vita a questo nuovo progetto che si pone un po’ come un ponte (un quai appunto) tra vecchie influenze e nuova ricerca che vede affiancati strumenti acustici a strumentazioni elettroniche. E lo fanno dando vita a questo primo Ep, che a voler esser precisi ha più le fattezze di un minialbum che di un extended play, vista la completezza che lo caratterizza.
In sei tracce infatti i due si propongono di sviscerare un tema, quello a dire il vero molto scivoloso della morte, che diventa il vero e proprio concept del lavoro. La cosa appare chiara già nella copertina, disegnata da Antonio Pronostico, che ritrae la Santa Muerte, culto pagano molto caro ai messicani (narcos in testa) di origine incerta, che molti vogliono affondare le proprie radici nelle tradizioni precolombiane. La ricerca fatta, che sembra utilizzare il metodo induttivo,viene affrontato in mezz’ora abbondante di musica divisa in sei brani a ciascuno dei quali è affidato un episodio significativo. Il necrologio televisivo di John Lennon (in 72nd street) fa da contraltare alle citazioni di Sylvia Plath (The Edge), ma dentro vi si trovano celebrazioni e citazioni, a mezzo di un cantato distorto e pienamente integrato con i beat, che riguardano anche la vicenda nord vietnamita in Vietnam Will Win! (pezzo che richiama in qualche modo quelle atmosfere anche con il mood). Interessanti poi sono il discorso tra Jons ed Antonius, ne Il Settimo Sigillo di Bergman, ripreso in Burp ed il richiamo alla vicenda di Hunter Thompson, il giornalista la cui morte archiviata come suicidio è velata ancora oggi dal mistero, in Dr.Gonzo (il pezzo che più mi ha convinto dell’intero lavoro).
Il disco si chiude un po’ come era iniziato, con un altro necrologio, quello che con la voce fredda di un giornalista televisivo annuncia la morte di Marvin Gaye. E proprio la frase conclusiva della voce registrata in Love Man, “Marvin Gaye’s music survives“, sottolineata dalla pausa che compie la musica, sembra voler dare una chiave di lettura al report intero.
Sicuramente giudicare un gruppo sulla base di un solo Ep è prematuro, ma è altrettanto vero che produrre come primo lavoro un mini album con una tale coerenza tematica così come saper dimostrare la capacità di mescolare influenze musicali così differenti, fa di questo duo un progetto interessante da seguire.
Ed è per questo che ve ne consiglio caldamente l’ascolto.