Nel 1969, l’artista statunitense Vito Acconci realizzava la sua performance nota come Following Piece. Acconci sceglieva casualmente una persona da seguire per le strade di New York, indipendentemente da dove il soggetto sarebbe andato o quanto tempo sarebbe servito per seguirlo: l’unica regola prestabilita consisteva nell’interrompere l‘inseguimento nell’istante in cui la persona fosse entrata in una struttura privata. Unsane di Steven Soderbergh, presentato fuori concorso alla 68esima Berlinale, riflette proprio sul concetto di stalking da una prospettiva contemporanea. Attraverso il thriller psicologico, Soderbergh riflette sulla logica legata a un dispositivo che usiamo tutti i giorni, il cellulare, che ha creato nel tempo nuovi metodi di applicazione dello stalking – criticandola attraverso il dispositivo stesso (il film è stato girato con un Iphone 7 Plus). Il regista così, che negli ultimi anni con i suoi film è stato in grado di intercettare le istanze della contemporaneità meglio di chiunque altro, cerca di rispondere a uno dei tanti quesiti che ci riguardano in prima persona: dov’è che la tecnologia finisce di essere positiva per le nostre vite iniziando a influenzarle negativamente?
Sawyer Valentini (Claire Foy) è una giovane donna in carriera che ha avuto recentemente problemi di persecuzione da parte di un uomo, David Strine (Joshua Leonard): nonostante abbia cambiato città, la ragazza ha continue allucinazioni che le fanno credere di essere ancora perseguitata. Decide così di andare in una clinica psichiatrica per un semplice consulto medico dove però finirà internata per una settimana. Lì incontrerà un infermiere che assomiglia incredibilmente al suo stalker…
Fin da subito, ci troviamo di fronte all’accezione negativa del progresso tecnologico raggiunto con la fruizione mobile e con i social network. Lo smartphone ha ridisegnato il nostro rapporto con il mondo: l’immediatezza è ciò che contraddistingue la nostra quotidianità. Sawyer si trova a sperimentare però il lato negativo di questa istantaneità: cosa accade nella realtà se ci troviamo a firmare un contratto che non abbiamo letto? Cosa succede se un follower decide di seguirci realmente, condizionando le nostre vite? Se la performance di Acconci esemplifica un tipo di stalking che aveva ancora un limite, con la struttura privata che agiva da filtro e proteggeva un certo tipo di informazioni dell’individuo – Strine incarna un tipo stalking senza confini, che oggi non è necessariamente rappresentato da una persona “in carne ed ossa”. Gli algoritmi di una qualsiasi piattaforma raccolgono una quantità sterminata di dati, permettendo così a – e a chiunque attraverso – un social di network di conoscerci approfonditamente (citando un caso recente per tutti, i big data che Trump ha usato durante le elezioni). Allo stesso modo, anche Strine si trova a confrontarsi con gli aspetti negativi della tecnologia: se lo smartphone ha sostituito fin da subito una serie di oggetti – rubrica, torcia, sveglia – oggi più che mai sta sostituendo anche la nostra immagine. Strine si trova di fronte ad una donna “che vive due volte”, diversa da quella che pensava di conoscere in quanto “seguirla” ha distorto completamente l’idea che aveva di lei.
Se la tesi del film può essere “considera il tuo telefono come il tuo nemico” – espressa dal personaggio interpretato da Matt Damon – Soderbergh, al contrario, ha fatto di questo dispositivo il suo alleato principale. Questo nuovo approccio al cinema si può far risalire al “social movie” ideato da Ridley Scott e Kevin McDonald nel 2010. Se però quest’ultimo può essere considerato un genere già anacronistico nonostante la giovane età – oggi attraverso le storie di un qualsiasi social ognuno gira “il proprio social movie” tutti i giorni – l’intuizione di utilizzare un telefono come mezzo di ripresa si è rivelata lungimirante. Unsane fa parte di un nuovo modo fare cinema che potremmo chiamare “fase picassiana”: facendo riferimento ad una famosa citazione del pittore spagnolo, se disegnare come un bambino implica una regressione dal punto di vista tecnico, da un punto di vista creativo ne consegue il massimo della libertà.
Girare con uno smartphone comporta una certa perdita della qualità tecnica, ma dal punto di vista creativo permette di essere meno invasivi con gli attori, più rapidi nello shooting, più immediati. E Soderbergh questo lo ha capito. Va sottolineato che il film rappresenta un po’ la “punta dell’iceberg” di questo nuova tendenza. Unsane è comunque un’opera paradigmatica per questo nuovo smart(phone) cinema e dimostra che sta sempre al singolo decidere se sfruttare positivamente o meno la tecnologia che il nostro tempo ci propone.