…una città di citazioni, che si compone ai nostri occhi di parole di pietra, seppellite, disseppellite, esposte, evocate…
Immaginate di dover partire per un viaggio. Quando ci si appresta a visitare una città la mente di molti va immediatamente alla guida più famosa che esiste, la Lonely Planet. Ora provate a traslare le informazioni su luoghi da visitare, locali e musei da vedere in un libro che (rin)traccia questi percorsi attraverso una sterminata bibliografia. Più o meno è questo che avrete tra le mani quando comincerete a sfogliare “Il sole non bagna Napoli”, ultimo libro pubblicato da Antonella Cilento con Bottega Errante.
Il titolo di questo libro, che si pone in un terreno di confine tra vari generi come il saggio, la guida ma anche la narrativa e la rievocazione storica oltre che al reportage, riporta alla mente l’immortale capolavoro di Anna Maria Ortese “Il mare non bagna Napoli” di cui Antonella Cilento si fa ideale erede. Non foss’altro che per le coincidenze che la legano al racconto “Un paio di occhiali” che la vede condividere il destino di Eugenia acquistando i propri occhiali nella stessa storica Ottica Sacco di cui si legge nelle pagine della Ortese.
Ma non è solo questa autrice a fare capolino tra i capitoli densissimi di riferimenti non solo bibliografici ma anche e soprattutto fisici. Le pagine, come la città di Napoli, restituiscono una storia stratificata. Livello su livello si può scendere nelle sue viscere e salire fino al cielo che la sovrasta. Dal decumano meno frequentato e conosciuto fino alla Napoli sotterranea passando per il pontile di Bagnoli che può darci l’impressione di salpare in mare aperto soltanto mettendosi la città alle spalle.
Napoli, specialmente negli ultimi anni, vive una congiuntura a dir poco unica.
Dopo anni passati ad essere il metro di paragone per quanto di più negativo poteva succedere nella nostra società, dalla spazzatura alla corruzione passando per la malavita organizzata ora la città nata dalla sirena Partenope vive un periodo di rinascita soprattutto agli occhi di chi prima la guardava con sufficienza.
La cultura partenopea, chiariamo subito, è sempre stata centrale all’interno del panorama nazionale e non solo, ma ora grazie al calcio, alla musica e ad altre fortunate coincidenze Napoli sembra aver sopravanzato di gran lunga gli altri storici luoghi dello stivale. Questo processo però, come tutte le cose nate in modo quasi casuale, espone la città ad una sorta di cannibalismo.
Il libro di Antonella Cilento prova in qualche modo a ricostruire i vari passaggi che hanno portato Napoli ad avere tra le sue strade dominazioni e influenze provenienti da tutto il mondo che ancora adesso l’occhio più attento, come quello dell’autrice, supportato dalla conoscenza degli eventi che si sono succeduti su quel territorio può ritrovare in ogni angolo, anche nel più sperduto dei bassi dei quartieri spagnoli.
Con questo libro Antonella Cilento sembra ricostruire con il cemento armato della memoria storica i piedi di argilla su cui sembra fondarsi l’attuale sviluppo repentino della città soprattutto a livello turistico.
Ancora al titolo torniamo a far riferimento perché una delle parti più gustose del libro è proprio la ricostruzione e la ricerca, nemmeno fossimo in un giallo in cui l’assassino da trovare è il misconosciuto autore di un volume, di un testo che ci permetterebbe di percorrere tutta la città di Napoli da un capo all’altro sempre approfittando dell’ombra.
“Napoli senza sole”, appunto, sarebbe uno dei più famosi libri che nessuno ha mai letto e che, però, si trova citato in numerosissimi testi e, non ultima, in una famosa poesia di Gianni Rodari. Il capitolo intitolato Mappe e Ombre, non a caso, è uno dei più gustosi da leggere per la storia che riporta alla luce, una trama che da sola basterebbe a giustificare la scrittura di un romanzo a parte.
Il sole non bagna Napoli, perché uno dei fini della scrittura, almeno di quella scrittura che prova a scandagliare strade non ancora battute o non inflazionate, è un modo per leggere una città fuori dagli stereotipi che spesso la imprigionano. Questo libro di Antonella Cilento si compone di capitoli speciali, dove lo strumento della scrittura in perfetto controllo dell’autrice mescola una sconfinata conoscenza della città con una memoria storica senza pari. Questo modo di ripercorrere strade spesso violentate, non solo dai turisti ma anche da chi le abita, ci permette di riportare alla luce non solo le miserie ma anche gli splendori della capitale partenopea. La città che fu Althenopis per Fabrizia Ramondino, altro anello di congiunzione tra Ortese e Antonella Cilento.
Come in Napoli senza sole possiamo trovare una strada perennemente all’ombra così, grazie al libro di Antonella Cilento, abbiamo davanti a noi vicoli, vicarielli, decumani e strade maestre che si intersecano nella geografia di libri scritti nel corso dei secoli tutti ambientati a Napoli. Dal grand tour di settecentesca memoria fino ai giorni nostri. Sì, perché la bellezza di una città che sa costantemente sfuggire ad una definizione granitica e immobile come Napoli è quella di continuare a rinascere ogni giorno in pagine nuove.
“Confesso di essere rimasto sconcertato dagli abitanti di Napoli insieme ai quali ho vissuto. Non appena riuscivo a distinguere un disegno tra le figure caotiche che avevo di fronte, subito lo schema si ricollocava sotto diversa forma” scriveva Thomas Belmonte nel suo “La Fontana Rotta” a proposito di Napoli. E forse è proprio in questo continuo divenire, in questo suo essere sgusciante come il capitone di Natale in Casa Cupiello che si può ricercare il grande impulso vitale della città raccontata nel libro di Antonella Cilento.