All’inizio degli anni duemila Fever To Tell, il primo album degli Yeah Yeah Yeahs, trascinato dalle chitarre ruvide e dalla voce di Karen O, riuscì a salvare il rock‘n’roll dal momento di stasi in cui era piombato, facendo puntare nuovamente gli occhi sulla graffiante scena musicale newyorkese. Dopo Fever To Tell, Karen O ha pubblicato tre album con gli Yeah Yeah Yeahs (Show Your Bones, It’s Blitz e Mosquito), ha composto la colonna sonora del film di Spike Jonze Where The Wild Things Are, ha realizzato la psycho opera Stop the Virgens e ricevuto una nomination all’Oscar per il brano The Moon Song, scritto ancora una volta per un film di Spike Jonze, Her.
Danger Mouse si è fatto notare nel 2004 per aver osato l’impensabile: campionare i suoni del White Album dei Beatles cucendoli alla voce di Jay-Z del Black Album. Ciò che sorprende è che il risultato, The Grey Album, in qualche modo funziona. Come produttore, il musicista newyorkese ha lavorato praticamente con chiunque, dai Gorillaz ai Black Keys, fino ad arrivare all’ultimo notevole lavoro dei Parquet Courts, Wide Awake.
Forse era inevitabile che due talenti eclettici come quelli di Karen O e Danger Mouse si incontrassero, dando vita a Lux Prima, un sogno lucido tra chitarre, sintetizzatori e atmosfere cinematografiche. Il brano che dà titolo all’album è un viaggio epico di 9 minuti, diviso in due momenti strumentali e un intermezzo in cui compare la voce di Karen O.
No eyes open
No eyes closed
It’s not what you said
No eyes closed
No drops in the glass
No one listening
No sound
Nobody but you
Nessuno tranne te, ripete il testo. E così, fin dal suo inizio, ci immergiamo in questo sogno cinematografico tessuto appositamente per noi. Se con Tranquillity Base Hotel and Casino, gli Arctic Monkeys ci avevano intrattenuto nella lounge di un ipotetico hotel lunare, attraverso questo brano, Karen O e Danger Mouse ci portano fuori dall’hotel, nell’oscura immensità dello spazio. È un inizio maestoso dove l’influenza dei Pink Floyd di Echoes è palpabile. Le atmosfere sognanti continuano con Ministry, mentre brani come Turn the Light, che strizza l’occhio al funk, Redeemer e Leopard’s Tongue ci risvegliano dalle sequenze irreali, per catapultarci in un club nella New York anni ’70.
Il ponte tra sogno e realtà è spezzato con Woman, un pezzo che sembra uscito da Fever To Tell: ipnotico, senza respiro e dai battiti incessanti. Sulle note di Woman Spike Jonze ha realizzato un video in un unico take in diretta dal The Late Show with Stephen Colbert; un’avventura in piano sequenza che il visionario regista aveva già intrapreso con gli Arcade Fire, realizzando il video di After Life con protagonista Greta Gerwig, live dagli Youtube Music Awards. Il video di Jonze sottolinea ancora una volta l’atmosfera cinematografica che pervade Lux Prima.
Drown è aperta da un sound di ricordo portisheadiano, culminante in una trionfale coda orchestrale, mentre Reveries rimanda all’approccio intimistico scelto da Karen O nell’esperienza solista di Crush Songs: voce, chitarra e in questo caso, un’incursione di sintetizzatori. Siamo al termine del sogno e con Nox Lumina arrivano i titoli di coda. Abbiamo viaggiato con i sette brani che collegano l’inizio alla conclusione, attraverso sonorità psycho-funk, trip hop, indie rock e orchestre reminiscenti del Serge Gainsbourg di Histoire de Melody Nelson, nel quale aveva spaziato anche Alex Turner nel già citato ultimo lavoro con gli Arctic Monkeys e soprattutto nei due album del duo che forma con Miles Kane, The Last Shadow Puppets.
In questa profusione di generi e melodie, forse non è sempre chiaro dove Karen O e Danger Mouse vogliano portarci. E allora Lux Prima, che nei brani di apertura e chiusura appare profondamente influenzato dalle colonne sonore cinematografiche (soprattutto dagli Air di The Virgin Suicides), diventa come uno di quei film di David Lynch e Darren Aronofsky, in cui, nonostante ci sfugga qualcosa della trama, è affascinante perdersi.